MEMORIES OF TOMORROW
Continuando a fare il solito, ozioso zapping col quale si chiudono praticamente tutte le mie lunghe giornate di questo periodo, ieri sera mi sono imbattuto per l’ennesima volta nel film Balla coi lupi.
Un certo meccanismo di zipping – incredibile come cambiare una sola volcale possa aprire scenari mentali del tutto diversi… – del mio (nostro?) cervello ha fatto sì che io abbia compresso il ricordo di quando ho visto quella pellicola collocandolo da qualche parte vicino ad altri molto più recenti.
Scoprire, quindi, dopo una breve ricerca in rete che si tratta di un film uscito nel 1990 mi fa vacillare, togliendomi quasi il pavimento da sotto i piedi.
Nel 1990 avevo 22 anni, vivevo ancora al sud con i miei, ero uno studentello con le idee molto poco chiare, erano ancora vive persone per me fondamentali che di lì a poco sarebbero scomparse…
Insomma, a distanza di trent’anni, vedo un me stesso alieno che però mi somiglia alquanto – potrebbe essere mio figlio – alle prese con un’altra vita su altro continente o su un altro pianeta molto distante da qui.
Ricordo che, pur non essendo mai stato un maniaco del genere western, quel film mi piacque moltissimo, ma si vede che, per risparmiare il poco spazio mentale a mio disposizione, ne ho collocato il ricordo in una posizione molto recente (“sembrava ieri!”) e al contempo fluttuante, tralasciando cioè di ancorarlo ad altri ricordi ben più netti, che mi avrebbero potuto aiutare nel datarlo con precisione.
Nonostante non fosse la prima volta che lo rivedevo, forse proprio grazie alla vista laterale, annebbiata dal sonno incipiente, ho realizzato che non è nient’altro se non il modello o, come si dice oggi, il template sul quale hanno plasmato molti altri film, in primis Avatar, anche questo rivisto da poco grazie al mio DVD (se non sono un maniaco del genere western, lo sono di sicuro del genere fantascientifico del quale possiedo una collezione davvero invidiabile).
L‘impianto del film storico Balla coi Lupi è presto riassunto: c’è il militare che, riportando in una azione di guerra un problema a una gamba, in seguito ai vari eventi scatenati da quell’inconveniente si fa volontariamente inviare in un lontanissimo avamposto. É un militare e l’obiettivo di fondo è smpre quello di proteggere e al contempo espandere i confini per biechi scopi economici che tengono in nessun conto l’esistenza di abitanti di quelle terre lontane, dei loro valori, dei loro affetti, della loro libertà, … L’eroe, costretto dagli eventi a rimanere da solo, si imbatte da subito in un lupo che non ne vuole sapere di mantenersi a debita distanza e, costretto da questo incontro e da vari accadimenti a rivedere la propria posizione rispetto al mondo, decide di aprirsi al nuovo stile di vita che l’ambiente stesso gli suggerisce di adottare. Uno stile che lo porterà presto a contatto con gli alieni abitanti di qulle lande lontane: vincerà le iniziali diffidenze e ovvie ostilità di alcuni maschi alfa di quella comunità e, grazie soprattutto all’attenzione di una donna che gli verrà affiancata dai capi con il compito di insegnargli gradualmente la lingua e gli usi indiani, si integrerà perfettamente nella tribù. Tra lui e la sua “tutrice” sboccerà l’amore e lui diverrà addirittura un esponente di spicco di quella comunità, specie durante il conflitto contro le truppe unioniste presso le quali un tempo era un ufficiale. Verrà catturato e quindi incolpato di avere tradito le sue origini, la sua cultura e tutto ciò su cui aveva fondato la sua vita precedente. Lui comunque deciderà di schierarsi con gli indiani, ma questo film dall’impianto essenzialmente storico non poteva certo permettersi una conclusione con il classico lieto fine: prima dei titoli di coda viene chiaramente riportato che di lì a poco il popolo indiano verrà decimato e poi assorbito dalla barbarie civile arrivata da est.
In Avatar, film del 2009 e ambientato in un’epoca distante ben 300 anni dai fatti narrati nel film precedente, il protagonista è ancora una volta un militare che in guerra ha subito un trauma localizzato ancora una volta sul suo apparato motorio. La lontana frontiera stavolta non è un continente terrestre da esplorare e conquistare, ma un pianeta orbitante attorno ad alfa Centauri, la stella più prossima al nostro Sole e probabile America del nostro futuro coloniale. Anche in questo film, l’eroe deve infiltarsi nella società del popolo indigeno che vive sul pianeta e che dimostra di avere conservato quel contatto con la Natura che oramai noi terrestri abbiamo completamente rimosso, del tutto dimentichi come siamo di quando vivevamo in totale simbiosi con il nostro pianeta e gli altri suoi abitanti. Il protagonista è quindi ancora una volta un militare e l’obiettivo di fondo è sempre quello di proteggere e al contempo espandere i confini terrestri per biechi scopi economici che tengono in nessun conto l’esistenza di abitanti di quelle terre lontane, dei loro valori, dei loro affetti, della loro libertà, … L’eroe, rimasto solo, si imbatte in quelli che potrebbero essere dei lupi alieni estremamente più aggressivi del lupo della prateria americana. Sta per soccombere, ma viene salvato da una lei del popolo indigeno. Costretto da questo incontro a rivedere la propria posizione rispetto al mondo, decide di aprirsi al nuovo stile di vita che l’ambiente stesso gli suggerisce di adottare. Uno stile che lo porterà presto a contatto con gli alieni, stavolta veri e non solo metaforici, abitanti di qulle lande lontanissime: vincerà le iniziali diffidenze e ovvie ostilità di alcuni maschi alfa di quella comunità e grazie soprattutto all’attenzione dell’aliena che lo ha salvato dall’attacco delle fiere prima incontrate e che gli verrà affiancata dal capo tribù con il compito di insegnargli gradualmente la lingua e gli usi del loro popolo, lui che è sveglio e intelligente si integrerà perfettamente nella tribù. Tra il nostro eroe e la sua “tutrice” sboccerà l’amore e lui diverrà addirittura un esponente di spicco di quella comunità, specie durante il conflitto contro le truppe terrestri. Verrà catturato e quindi incolpato di avere tradito le sue origini, la sua cultura e tutto ciò su cui aveva fondato la sua vita precedente. Nonostante le accuse, il protagonista deciderà di schierarsi con gli alieni e stavolta, in assenza di libri di storia che ci possano togliere ogni illusione circa la realtà, il film si conclude con un bel lieto fine: vissero, anzi, vivranno (l’azione si svolge nel 2154…) tutti felici e contenti.
Ovviamente la mia scelta di usare lo stesso testo per descrivere i due film, cambiando solo gli elementi che proprio non potevano non essere cambiati, è voluta in quanto utile allo scopo di mostrare quanto più possibile l’estrema sovrapponibilità dei due soggetti narrativi.
Nel caso di Balla coi lupi, si tratta di una memoria di ieri ben documentata grazie alla quale il popolo americano fa ammenda nei confronti di quello indiano oramai reso silente e marginale rispetto alla cultura wasp imperante in quel continente. Nel caso di Avatar, il soggetto vichianamente funziona perché, lo sappiamo bene, non possiamo proprio permetterci di non replicare atteggiamenti aggressivi che da sempre caratterizzano la nostra specie e, in particolare, il popolo americano (in entrambi i film, il protagonista è un milite a stelle e strisce) sempre pronto a esportare democrazia ovunque.
Con questo film, sembra quasi che il regista Cameron abbia deciso di basarsi su una memories of tomorrow di jarrettiana… memoria, andando a costruire un quadro che, nonostante il suo essere una narrazione chiaramente distopica, risulta del tutto credibile e attuale (ma anche credibile in quanto rispecchiata dal passato).
Sembra quasi che nella memoria del mondo vi sia lo stesso scollamento di eventi che vi è nella mia testa: il presente, il futuro e il già avvenuto, piuttosto che risultare appesi nelle giuste posizioni lungo il lunghissimo filo da stendere del tempo, risultano fluttuanti e, mutatis mutandis, intercambiabili.
Un rimescolio delle carte dal quale, nell’estremo tentativo di fare ordine tra i ricordi, emerge prepotente solo una cosa da tenere bene a mente: ci siamo sempre comportati allo stesso modo. Una consapevolezza alla quale segue facilmente l’altra: “E faremo sempre così”.
Ecco perché, senza entrare nel merito di un problema delicatissimo del quale in qualche modo mi sono già qui occupato in un recente passato, leggendo ieri le parole della Fornero che si è pronunciata di recente su un tema importantissimo come il pensionamento di chi secondo lo Stato è ancora in grado di lavorare, mi sono tornate in mente altre memorie di domani ben conservate in mente e vissute grazie alla visionarietà di scrittori e registi indovini.
Ma veniamo prima ai fatti. Sembra che l’ex ministra abbia espresso il seguente concetto per certi versi autoevidente:
“Se si va in pensione prima, quando si è ancora in buona salute, è un costo, perché qualcuno te la deve pagare.”
Il blog dal quale ho preso questa frase la mette credibilmente in relazione con quella da ascrivere alla Christine Lagarde, la presidentessa a capo della BCE, la quale nel 2012 pare abbia involontariamente scritto l’incipit di un altro romanzo distopico che (sottofondo orchestrale incalzante) potrebbe iniziare proprio con la scritta:
La longevità è diventata un nemico, se non da combattere, almeno da rendere inoffensivo: troppe spese per lo stato in pensioni e assistenza sanitaria”
Con la solita memoria del domani, mi sembra di riuscire a vedere in modo chiaro i possibili sviluppo e conclusione delle scene successive di questo film ancora da girare con 7 miliardi di personaggi in cerca di autore: al popolo, sempre più vessato da leggi ingiuste del tutto a beneficio di una oligarchia aristocratica totalmente insensibile ai bisogni dei più (Metropolis), viene imposto un netto, ma decisamente crudele ricambio generazionale della classe operaia. Il vantaggio è grande: piuttosto che attendere che gli automi-umani, una volta invecchiati, possano diventare un peso economico e sociale, raggiunta un’età giudicata adeguata per smettere di rendere i loro servigi alla società, vengono dismessi ed eutanasicamente invitati a sparire dalla circolazione nell’ignavia e nella disattenzione generali (La fuga di Logan).
Forse verremo rimpiazzati da nostri cloni che gli alieni, a nostra insaputa già da tempo qui in mezzo a noi, in oscuri scantinati-laboratori stanno già preparando (L’invazione degli ultracorpi), oppure verremo sostituiti con le nostre copie sintetiche progettate da una società senza scrupoli di cui non sapremo più nemmeno se sia da considerarsi verticizzata o semplicemente se sia governata da processi-macchina avviati da noi stessi e poi sfuggitici di mano (Moon).
A questa narrazione, trattandosi di uno sguardo su un futuro possibile ma non corroborato da dati storici, posso permettermi di donare un lieto fine costituito dalla buona notizia che mi affretto a darvi: sospetto che molti di noi, forse tutti, coroneranno un sogno che non sapevano neppure di avere, divenendo tutti protagonisti di una serie televisiva che ha già ampiamente dimostrato di piacere al pubblico.
Vi pare poco?
Mi raccomando: fate come nulla fosse, non guardate in camera e siate credibili.
Siate voi stessi.
SZ