L’idea alla base di questa breve storia è di pochi giorni fa, ma credo si tratti solo dell’emersione di un pensiero finalmente compiuto che si è affacciato a puntate nella mia testa.
Un pensiero composto da vari tasselli che voglio svelare solo ora, approfittando del fatto che oramai avete già letto la storia.
L’immagine del cielo catturata da una macchina fotografica dopo una posa lunga un’intera nottata, restituisce un’aspetto inusuale delle stelle: a causa della rotazione terrestre attorno al suo asse, la loro luce va a impressionare il CCD disegnando piuttosto che punti, cerchi luminosi centrati sul polo celeste.
L’accostamento tra l’aspetto inusuale di un cielo così pieno di anelli concentrici, il propagarsi nell’aria di onde acustiche grazie alle quali misuriamo la profondità di un pozzo oscuro quando, lasciatovi cadere dentro un sasso, contiamo i secondi che impiega a raggiungere il fondo e infine la propagazione di cerchi nell’acqua in seguito alla caduta in essa di un oggetto qualsiasi, sono gli elementi alla base dell’idea di questo fumetto.
In aggiunta a questi, uno ulteriore: la consapevolezza che spesso la Natura si dimostra frattale, quasi si sia accorta che le convenga replicare a scale diverse qualche meccanismo particolarmente efficace per ottenere il meglio da sé col minimo sforzo.
Ecco che i cerchi nell’acqua e la propagazione delle onde acustiche nel pozzo nero per antonomasia, quello cosmico, mi hanno stimolato l’accostamento con altri cerchi: quelli che si trovano all’interno di un tronco d’albero. Da essi risaliamo facilmente all’età della pianta, un procedimento che va sotto il nome di dendrocronologia.
Sappiamo che l’ecoscandaglio non è esattamente lo strumento migliore per misurare la profondità del cosmo. Non è possibile lanciare alcunché così da fargli incontrare il limite estremo del nostro universo e, in ogni caso, quand’anche fossimo capaci di farlo, non vi sarebbe nulla, aria, acqua o altro mezzo propagatore, a trasmetterci il rumore dell’impatto (impatto? Col fondo dell’universo? Un giorno proverò a immaginarlo).
In effetti, una eco nel cosmo c’é, ma non è certo quella di un impatto, bensì quella di un’esplosione; un’esplosione muta. Trattasi di una eco termica, la cosiddetta radiazione cosmica di fondo, protagonista di un’altra storia che prima o poi forse racconterò (in parte l’ho già fatto. Si veda Addomesticare il Cosmo del 6/5/13).
Quella di una musica cosmica (o din rumore cosmico) che può rivelarci la grandezza del contenitore universale è un’idea antichissima che si è fatta strada fino ad arrivare finanche ai giorni nostri. Ne ho parlato tanto in alcuni articoli e conferenze, ma soprattutto nel libro Pianeti tra le note pubblicato dalla Springer. La storia a fumetti che ho pubblicato qui sopra – badate bene! – è solo una metafora grafica di quell’idea così affascinante.
Spero che troviate questa metafora comprensibile. Ho provato a facilitarvi le cose ponendo quelle cifre che trovate vicino a ognuno dei 13 cerchi visibili nel cielo di Squid Zoup. Si tratta di diverse età del nostro universo che vanno dalla sua infanzia, ovvero da quando aveva solo 0,02 miliardi di anni (Giga years, Gy), agli attuali 13,82, cifra che ho posto a sinistra del cerchio più ampio, il tredicesimo.
13,8 miliardi di anni sembra proprio essere il tempo trascorso dall’inizio del cosmo fino a oggi. Un tempo lunghissimo che è stato misurato non certo tagliando un albero o lanciando pietre verso il fondo del cielo. In quella direzione lanciamo solo sguardi attenti e curiosi, in attesa di essere raggiunti da fotoni chiacchieroni e portatori di segreti di sicuro più interessanti di quelli contenuti negli archivi di Andreotti.
Un’ulteriore metafora rinvenibile nel fumetto è quella offerta dall’apertura progressiva delle linee divisorie poste tra le vignette della seconda e terza pagina. Nelle prime, vi è una curvatura maggiore, poi pian piano esse vanno diventando più rettilinee. Con questa rappresentazione, ho voluto provare a dare l’idea dell’espansione cosmica iniziata col Big Bang ancora in corso: in questo scenario cosmologico, sappiamo che l’universo si è espanso da dimensioni iniziali microscopiche fino a raggiungere quelle attuali dopo una storia meravigliosa durata ben 13,8 miliardi di anni.
Per la cronaca, nonostante la veneranda età, il nostro cosmo non manifesta nessuna voglia di frenare la sua espansione. Anche ora, mentre state leggendo queste parole, sta lievitando e, addirittura, pare stia pure accelerando.
Allacciate le cinture
SZ
P.S.: ringrazio l’amico Giuseppe (Pippo) Vaccaro (http://www.hortusgiardini.it) il quale mi ha fornito altro cibo per analogie interessanti e che vanno ad accrescere la probabilità di avere altre idee in futuro.
Mi ha infatti segnalato l’opera di uno scultore che delle pietre, della musica e delle connessioni tra questi elementi e il cosmo ha fatto la sua ragione di vita artistica. Trattasi di Pinuccio Sciola
Sottofondo: Sarei tentato di scrivere How deep is your love (e alla fine l’ho scritto…), un notissimo brano dei Bee Gees che mi ricorda la mia infanzia e di cui ho chiaramente parafrasato il titolo.
Invece vi suggerirei di ascoltare il bellissimo suono delle pietre di Sciola nei tre video seguenti: