Guardandomi indietro, mi sembra che infanzia e adolescenza altro non siano se non periodi utili per darsi dei sogni.
All‘epoca ne avevo tanti, molti di più di quanto ne abbia oggi. Nulla di strano, almeno credo: ritengo che questa riduzione di una certa dimensione onirica possa essere l’effetto del fare i conti con la realtà vera; quella con la quale, mentre ero tutto occupato a sognare, avevano a che fare i miei genitori.
Ho sempre disegnato, prendendo questa passione da mia madre. Inoltre suonavo e ogni tanto scrivevo. Cresciuto a cartoni animati della Walt Disney, della Hanna & Barbera e a Merry Melodies, menu completato dai primi cartoni giapponesi, in testa Goldrake, tra i tanti sogni che avevo vi era anche di fare un cartone animato tutto mio. Lo vedevo come un prodotto nel quale finalmente tutto ciò che amavo fare (nel frattempo, anche l’astronomia aveva fatto l’ingresso tra i miei interessi…) poteva confluire.
All’epoca le leggende metropolitane circa il creare cortometraggi disegnati (avevo trovato solo un piccolo libretto sull’argomento e internet… non c’era), parlavano della necessità di avere un’impalcatura sulla quale porre la “reggetta”: una striscia di legno o di plastica con due pioli affiancati ai quali assicurare i fogli trasparenti contenenti i disegni da animare. L’impalcatura doveva servire per reggere in alto una telecamera capace di fare riprese passo-passo (un fotogramma alla volta) dei disegni sempre dalla stessa posizione e distanza.
In casa non c’era posto per un simile aggeggio, né c’erano i soldi per una telecamera di quel tipo. Forse erano solo scuse, ma mi prendevo volentieri in giro, guadagnando tempo in vista di quell’appuntamento fondamentale: sapevo che avrei dovuto semplicemente attendere perché prima o poi sarebbe arrivato il momento giusto per fare il mio cartone animato. Quel momento è arrivato solo un mesetto fa.
Ispirato dal brano che dà il titolo all’ultimo disco che ho prodotto insieme al chitarrista Guido di Leone e al contrabbassista Francesco Angiuli, ho pensato di mettere a frutto quanto imparato a suo tempo al corso di Animazione Digitale tenuto da Chrstian Ghisellini, docente dell’Accademia di Belle Arti di Bologna dove ho studiato per il biennio specialistico di Linguaggi del Fumetto, per creare questo primo prodotto di una Lulamae Productions che da tempo vorrei istituire in ricordo della mia compagna quadrupede scomparsa quasi un anno fa: il trailer del disco pubblicato dalla Fo(u)r (1).
Sentendomi raccontare come, dall’unione del tema iniziale e quello finale del brano The Night Has A Thousand Eyes, pensavo di ottenere una colonna sonora di un minuto o poco più per il mio cartone animato, il mio amico Renato Geremicca (2) ha provveduto a realizzare al volo, con Vegas, quella “crasi” musicale. Inoltre, con sorprendente intuito, ha creato sul tema finale del nuovo brano, qualcosa che in quello originale non esiste: un interessante unisono tra la mia armonica e la chitarra di Guido di Leone.
Esther Intile, poi, mi ha dato “due dritte” su alcune funzioni fondamentali di iMovie. A questo punto, mancavano solo i miei disegni. Mancavano, ma ora ci sono tutti. Dal risultato di qualità di sicuro mediocre che ho ottenuto, di sicuro non si può intuire come il tutto sia partito osservando i grandi classici che citavo più in alto, ma poco importa: questo è il mio livello al Febbraio-Marzo 2015. Farò meglio in futuro. Almeno spero…
Il titolo THe Night Has A Thousand Eyes ha per me più di un significato.
Pensare che “la notte ha mille occhi”, mi riporta con la memoria a quando, in macchina, di sera, cercavo luoghi dove appartarmi in dolce compagnia. Scoprivo così che più questi posti erano isolati, quindi apparentemente ideali, e più mi facevano temere di divenire, mio malgrado, trastullo di guardoni o, peggio, passatempo di emuli del mostro di Firenze, vera icona della cronaca di quegli anni.
Quindi THe Night Has A Thousand Eyes potrebbe essere anche letta come nessuno si fa i ca… suoi, ma per me c’è anche altro.
Anni fa sentii l’esigenza di comunicare tramite il teatro. Misi allora su uno spettacolo che negli anni è cresciuto da qualcosa di solo musicale e intitolato Quanta, come il mio primo disco (3), a qualcosa d’altro; di un po’ più complesso.
Nella fase successiva, Quanta divenne un commento musicale a sequenze di immagini gestite tramite il programma Power Point. Una di queste si intitolava “… e le stelle stanno a guardare” e le immagini in essa contenute, commentate dal mio brano Farinafredda, erano crude: alcuni dipinti di Grosz; foto delle Due Torri ferite a morte dagli aerei dei terroristi; foto di persone imprigionate nei due grattacieli che, per non morire ustionate in quell’inferno di fuoco, si gettavarono a testa in giù da chissà quante decine di metri; e poi ancora primi piani di armi da fuoco e proiettili, scene di ordinaria violenza osservata in televisione, stupidi incidenti e comicità varie.
A intervallare queste scene così tragiche, avevo posto qui e là fotografie di bellissime nebulose planetarie attorno alle quali avevo disegnato palpebre cigliate. Il messaggio voleva essere banalmente kantiano: le stelle ci guardano, e mute ci giudicano da un punto di vista morale.
La mia cupa Farinafredda non è certo un brano solare come quello composto da Jerry Brainin e Buddy Bernier e, se nei primi anni di questo secolo, le immagini che evocavo erano, guarda caso, di distruzione e morte, ora l’ispirazione, pur avendo a che fare sempre con gli occhi, è del tutto diversa. Ho rappresentato il mio Squid Zoup mentre si muove in un osservatorio al quale sono particolarmente legato: quello dell’Osservatorio di Serra La Nave (CT) (4), dove spesso lavoro e che ospita un telescopio da 92 cm che trovate rappresentato nel filmato. L’immagine dall’alto di quella cupola l’ho tratta da un video (5) creato da Piero Massimino, System Manager dell’Osservatorio Astrofisico di Catania, con un drone da lui stesso pilotato.
La notte ha mille occhi. Noi guardiamo un cielo che, muto, ci osserva non più (solo) ridendo di noi o giudicandoci moralmente: forse, da innumerevoli pianeti extrasolari sui quali vi sarà la vita, ci osservano da lontano, studiandoci così come noi studiamo ciò che accade attorno alle altre stelle.
In ogni caso, smile, you are on cosmic-candid-camera!
SZ
1 – http://www.four-edition.com/site/2014/10/23/adamo-di-leone-angiuli-the-night-has-a-thousand-eyes/
https://squidzoup.com/2014/10/09/the-night-has-a-thousand-eyes-il-mio-nuovo-cd/