Sfide Astronomiche di Frontiera: Cosmologia e Contratti

Foto-di-gruppo-Astrofrontiere

Domani e dopodomani, presso la Palazzina dell’Auditorio dell’Accademia dei Lincei romana in via della Lungara 230, si svolgerà il meeting Astrofrontiere (1) organizzato da Stefano Borgani, Enzo Brocato, Fabrizio Fiore, Monica Tosi e Paolo Vettolani.

L‘incontro è di sicuro interesse: la comunità dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) si riunisce per parlare del futuro dei prossimi grandi progetti di ricerca che riguardano:

  1. ASTROFISICA DELLE STRUTTURE COSMICHE BARIONICHE
  2. SISTEMA SOLARE, SISTEMI PLANETARI E ORIGINE DELLA VITA
  3. COSMOLOGIA
  4. GRAVITA` E FISICA FONDAMENTALE

Una rapida occhiata al programma (2) rivela che alle 10:30 del 18, Michele Cantiello (3) si vignette-astrofrontiere-2farà carico di rappresentare la comunità di noi precari con un intervento intitolato “Il punto di vista dei postdoc”. Per un quarto d’ora porterà quindi una discussione sul futuro dell’astrofisica in direzione del tema “il futuro degli astrofisici”, quelli che, si spera, l’astrofisica la faranno.

Ho avuto modo di dare un’occhiata alla sua presentazione power point (in realtà, è stata preparata anche da Deborah Busonero (4), Marcella Di Criscienzo (5), Olga Cucciati (6), Imma Donnarumma, Giuliana Fiorentino (6), Marco Gullieuszik (7), Francesca Panessa (8), Silvia Piranomonte (5), Sabina Sabatini (8)) e sono rimasto a dir poco sorpreso: non pensavo si potesse dire così tanto della nostra situazione e mi sono sentito davvero uno stupido scoprendo di non essere a conoscenza di tutto quanto c’è da sapere su un modo di vivere che è anche il mio (!).

Per certi versi, mi sento giustificato: come tutti i miei colleghi, non potevo che ignorare ciò che ho scoperto scorrendo le slide. Facendolo, mi sono infatti reso conto di quale fosse lo scopo dell’indagine partita in INAF uno o due mesi fa, allorché fu chiesto a quanti di noi sono borsisti, assegnisti o beneficiari di contratti a tempo determinato di compilare una tabella con i dati inerenti la nostra carriera astronomica dal conseguimento della laurea fino a oggi.

Vignette-astrofrontiere-5Forse buona parte del problema di molti di noi post-doc risiedeva proprio nel fatto di non conoscere a fondo tutto ciò che c’è da sapere della nostra situazione e delle connessioni profonde che essa ha con la condizione socio-economica del paese.

Spesso confondiamo la reale consapevolezza del problema con la nostra percezione personale di esso data dal vivere come precari. Se così è, l’effetto non potrà che essere il restringimento del nostro orizzonte conoscitivo, ma anche del nostro campo di azione, quindi della nostra effettiva capacità di incidere sul futuro della bolla personale che ci include, come anche di quelle limitrofe in contatto con essa.

Spero quindi che l’indagine condotta dai ragazzi autori del Power Point aiuti tutti noi a uscire da questa consapevole inconsapevolezza, permettendoci di inquadrare meglio il la nostra condizione di lavoratori precari.

Io purtroppo non potrò andare al meeting, ma sarò lo stesso presente in quanto Angelavignette-astrofrontiere-1 Bongiorno (5), Silvia Piranomonte, Marcella Di Criscienzo e Giuliana Fiorentino hanno avuto l’idea di chiedermi di condire con alcune vignette la presentazione di Michele che, come ho avuto modo di dir loro via mail, assomiglia a un vero e proprio corso universitario su “Teoria e analisi del precariato” di sicuro esaustivo.

Approfito allora di questo spazio per ringraziarle dell’opportunità che mi hanno offerto e che, come c’era da attendersi, ho colto al volo: bello poter dare un contributo personale a una causa che mi riguarda così da vicino.

Ed ecco il frutto di questo coinvolgimento: cinque vignette che spero possano aiutare a fissare meglio l’attenzione su un problema annoso del nostro come anche di tanti altri enti di ricerca.

vignette-astrofrontiere-4

Nel disegnarle, mi sono allegramente immalinconito e so per certo (me lo hanno scritto via mail…) che diversi colleghi hanno reagito allo stesso modo.

Agli altri che non vivono sulla loro pelle il problema del precariato, auguro almeno di ridere di gusto. Inutile dire che, da autore di questi cinque “tasselli di denuncia”, entrambe le reazioni mi darebbero una certa soddisfazione.

SZ

1 – https://www.ict.inaf.it/indico/event/84/

2 – https://www.ict.inaf.it/indico/event/84/contributions

3 – INAF-Osservatorio Astronomico di Teramo

4 – INAF-Osservatorio Astronomico di Torino

5 – INAF-Osservatorio Astronomico di Roma

6 – INAF-Osservatorio Astronomico di Bologna

7 – INAF-Osservatorio Astronomico di Padova

8 – INAF-IAPS Roma

4 pensieri su “Sfide Astronomiche di Frontiera: Cosmologia e Contratti

  1. Sono anni che convivo con il problema, visto dall’altra parte.

    Tra una decina d’anni andrò in quescenza (non so se mi daranno una pensione, del resto ai precari di cui si parla qui non la daranno mai comunque, a prescindere), e non potrò trasmettere a nessuno quel che in una vita di astronomo ho imparato. Con me, come con tutti i colleghi della mia generazione, che han avuto la fortuna di vivere in un momento storico in cui il posto di ruolo non era un mito, sparirà quella conoscenza che abbiamo ricevuto e contribuito a migliorare. Un precario non può essere per definizione un allievo, impara qualcosa, ma poi deve vivere, deve andar via da dove non ha prospettive.

    Perché le prospettive NON ci sono . Non è assolutamente pensabile che un ente in cui un terzo circa dei lavoratori sono precari, in cui per anni non c’è stato turnover, riesca ad assorbire queste persone. Se la carriera di ruolo dura 30 anni, ammesso che esista il turnover, riesci ad assorbire 1/30 delle persone ogni anno, e ci vogliono 15 anni di precariato perché arrivi il tuo turno. Se per metà di questi anni (come è successo nel passato recente) non c’è turnover, ce ne vogliono 30. E ti ritrovi precario a 50-60 anni, senza NESSUNA possibilità di sbocco esterno, bruciato. Significa che una persona valida, giovane, non verrà MAI assunta, troppi “precari anziani” davanti a lei. Significa che il “posto” diventa una lotteria, vince chi ha avuto la fortuna di trovarsi nel posto giusto al momento giusto, con tanti colleghi magari più bravi che semplicemente non sono stati così fortunati. Significa un miraggio, sufficientemente reale da “bloccare” nella speranza tante persone, ma sufficentemente raro da condannarne la gran maggioranza.

    E quindi il dilemma. Continuare a fare tutte le cose che facciamo noi astronomi italiani (SKA, ALMA, ELT, CTA) contando sulla forza lavoro entusiasta ma sostanzialmente schiavizzata di precari a cui stiamo rubando il futuro, o decidere realisticamente di fare MENO, fare SOLO le cose per cui possiamo offrire una prospettiva di carriera dignitosa?

    E dall’altro lato, meglio un posto di lavoro rinnovato con patemi di anno in anno, senza praticamente contributi, senza tutele, o il niente, l’emigrazione, la disoccupazione, il lavorare in un call center o in un bar?

  2. Carissimo Angelo,non vuole essere un discorso elitario, ma risulta quantomeno tristemente buffa la proporzionalità inversa tra il settore scientifico nel quale tu e i tuoi colleghi “di passione” vi trovate immersi ed una categoria professionale che non merita di certo il precariato col quale quotidianamente vi dovete confrontare.
    Per cui, pur non facendone parte, mi associo alla malinconia che il ragionamento da te esternato conduce; bellissime le vignette che dovrebbero servire da sprone per le “alte sfere”, in modo che una borsa di studio non arrivi quando sarebbe ore di pensione (tristemente stupenda!).
    Una ancor più malinconica considerazione finale, legata al trascorrere del tempo, che, tratta dalla cronaca odierna, più che mai ci INCALZA…
    Un abbraccio all’intero mondo scientifico sofferente
    Paolo

  3. Ciao, Paolo! E benvenuto a te, Gianni!
    Sono pienamente d’accordo con quanto affermate entrambi.
    Quando dico che sarebbe bene per noi precari avere sempre ben presente la situazione su una scala più grande di quella della nostra esistenza personale, affermo proprio quanto dici tu, GIanni.
    Il problema è di più ampio respiro e la “lezione universitaria” approntata dai ragazzi fa capire come, aldilà di situazioni particolari e facilmente circoscrivibili, prima di avere a che fare solo con l’economia di un ente o di un singolo osservatorio/dipartimento, ha a che fare con l’economia nazionale.
    I soldi da spartire sono pochi, le persone sono sempre di più.
    Giusto dare spazi ai nuovi, giusto anche far fare scatti di carriera ai “vecchi” o comunque a coloro che in capo a qualche anno di precariato hanno maturato una certa esperienza lavorativa.
    Tu metti l’accento su un aspetto non da poco: chi va via senza aver potuto vedere adeguatamente riconosciuta la propria professionalità, la porta via senza poterla (o, a volte, senza volerla…) comunicare ai nuovi.
    L’ente investe sulla formazione di persone che dopo non molto devono lasciare la scrivania ad altre da formare e che a loro volta, dopo non molto…
    Questo è un gioco al massacro, aiutato dallo scarso sostegno di politiche che si dimostrano spesso incapaci di valorizzare lo sviluppo culturale di cui, facendo del nostro meglio, ci siamo resi responsabili.
    Del resto, se per un ventennio e più si spiega agli italiani che di cultura non si mangia, non ci si può aspettare una massiccia sensibilizzazione dei contribuenti alla nostra situazione.
    Intanto grazie per aver contribuito alla discussione. Paolo, era da tempo che non ti leggevo: torna più spesso! E a te, Gianni, dico solo e semplicemente “torna”. Mi ha piacevolmente sorpreso trovarti qui.

    SZ

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