CRONACA VIRUS – Giorno 38

Svegliarsi tutti i giorni in un mondo che vede correlazioni diaboliche tra questo e codesto, tra codesto e quello e, di ritorno, tra quello e questo, comporta che a un certo punto, per quieto vivere, ci si adatti al gioco: ubi maior

Leggo di correlazioni, anelli di complotti, che si chiudono attorno a ulteriori elementi con i quali vanno a costruire una lunghissima catena di San Fake, patrono dell’università della vita e protettore di quella della strada, e scopro che la tentazione è forte.

Allora umanamente cedo, rivaluto sospettoso la giornata di ieri e non posso non notare di avere subito un attacco degli eventi che ha del sospetto, del complotto di non so chi ai miei danni.

E allora denuncio. Sì, lo faccio! “Ma chi?”, direte voi. “Ah, saperlo!”, rispondo io, che per il momento me la prendo contro ignoti, anche se a prima vista sembrerebbe che il mio nemico sia solo il potente fato cinico e baro.

Due sere fa, mentre parlavo con mio figlio, mi è caduto il cellulare. Ero in piedi e la caduta si è rivelata fatale per il display del dispositivo che per metà appariva lesionato e nero: non potevo più digitare il pin né fare tutte le altre operazioni che oramai avvengono per il tramite di quella superficie trasparente e sensibile al tocco che ora, avendo toccato terra, aveva perso conoscenza.

Poche ore prima, proprio digitando e leggendo su di essa, avevo comunicato via whatsapp con un mio vicino, chiedendo se anche lui, che come me vive a piano terra, sentiva cattivi odori salire da lavandini & affini. Avendomi confermato che pure da lui la primavera idraulica arrivava a zaffate mortali – una nuova stagione intubata, capace, pare, di far sentire i suoi effetti malefici anche nelle case degli inquilini al piano superiore -, avevamo deciso che saremmo andati la mattina successiva in giardino a controllare lo stato dei sifoni.

Così abbiamo fatto: armati di mascherina, mai così tanto necessaria e al contempo inutile, guanti, leve metalliche, assi di legno e tanta, tanta pazienza, abbiamo iniziato a ispezionare l’immanenza del nostro condominio. Abbiamo così scoperto che tutti i punti nei quali le varie colonne dei diversi numeri civici del nostro stabile si innestano nella canaletta principale della fogna, presentavano evidenti segni di intasamento.

Inizia così una lunga mattinata di sversamenti di acqua bollente, acido muriatico, santi e madonne, seguiti da rimestamenti con lunghi assi di legno di brodaglie di cui il tacere è bello.

Alla fine, vinti nel fisico, nel naso e nell’anima, decidiamo di chiamare un’azienda specializzata proprio nel frugare nei segreti più intimi della gente: quelli davvero sintetici e forse più veritieri di una comunità all’apparenza variopinta, ma che alla fine si rivela monocolore, estremamente omogenea, sia da un punto di vista cromatico, sia da quelli olfattivo e materico.

L’operazione dei professionisti comprende essenzialmente due fasi: prima si rimuove l’”evidenza” recente e poi, tramite un tubo capace di sparare acqua ad alta pressione, si va su su a indagare “il passato del tombino” fino a raggiungere i più lontani anfratti della LAN locale alla quale si saldano tazze e lavandini dei vari appartamenti.

Il nostro microcosmo inizia così a mugghiare tenebroso, minacciando di far esplodere ovunque tavolette di water e tappi pensati per bloccare il flusso in entrata e che fanno invece temere di non riuscire a resistere al traffico di sommerso in uscita.

Il rumore profondo che squarcia i muri rivela la complessa geometria dello snodarsi del lunghissimo intestino di plastica che, tortuoso di gomiti e sifoni, si concede solo all’indiscreto tubo endoscopico degli esperti.

Ne escono così segreti dall’aspetto tetro e archeologico, quelli davvero responsabili delle peristalsi di strani boli intestinal-fogniari: vere e proprie collane di capelli lunghe anche due metri e rinforzate da fili interdentali, nonché tanto, tantissimo calcare sottoforma di veri e propri ciottoli, frammisti a pomici di detersivi e grassi alimentari.

Un riassunto a dir poco perfetto di ciò che davvero siamo, facciamo, produciamo.

Tale sintesi ci ha scollegato per una mezza giornata dal flusso di informazione della rete principale: quel web interrato nel quale la cruda verità si ritrova nei tre stati liquido, solido e vaporoso.

Per qualche ora tutti noi condomini siamo rimasti scollegati dalla lunga processione di informa-deiezioni e il sistema ci ha inviato un messaggio olfattivo di errore. Una volta andati via gli esperti, ci siamo scoperti salvi, alleggeriti da un bel po’ di quattrini, e finalmente collegati in rete: tutto scorreva, c’era campo, quello che ci evita di scendere in -.

Tornato a quel poco che rimaneva della mia giornata, ho scoperto che mi era arrivato 1) un sollecito dalla società che fornisce l’energia elettrica; 2) un altro da chi, senza avermelo richiesto a suo tempo, ora pretendeva una prova dell’avvenuto pagamento di un bonifico di cui ho parlato alcune cronache fa; 3) un messaggio da un sedicente amico di facebook, poi eliminato, nel quale, senza mezzi termini e per il tramite di un articolo-immondizia apparso su una rivista che forse meriterebbe almeno una segnalazione all’autorità competente, offendeva in vari modi chi come me ha deciso di assecondare i DPCM: una escalation di giudizi a dir poco violenti, conditi da suggestivi aggettivi come “mediocre”, “caricatura”, e tanti altri culminanti con la definizione di “traditore della patria”, vera ciliegina sulla torta.

Qualcuno ha paragonato questa quarantena a una lunga, interminabile Domenica. Dopo la giornata di ieri, mi sento di rilanciare avanzando qui l’ipotesi che si tratti, invece, di un perenne Lunedì classicamente carico di buone nuove.

L’inservibilità del cellulare che, pur continuando a suonare per l’arrivo di telefonate e messaggi, non mi faceva accedere alle sue funzioni, rappresentava un blocco, ma stavolta del mio punto di accesso alla rete telefonica e internet.

 

Sono riuscito a scoprire l’accumulo di acque reflue della mia rete social tramite l’apertura del tombino del pc attraverso il quale ho potuto continuare a rimestare in una materia simile a quella sorpresa ore prima a ribollire nella rete fogniaria e la giornata si è chiusa così come era iniziata.

Con la rottura del cellulare ho perso dati, fotografie, video, sedicenti amici, tempo, pazienza, soldi. In sintesi, ho perso tanto delle mie cose più preziose; così tanto preziose da essere ora del tutto indistinguibili nella melma calcarea dell’indistinto che tutto amalgama e riassume chi sono e chi siamo.

Si è trattato del prezzo pagato per riprendere il mio posto nel grande estuario della storia di questi giorni che della mia assenza di qualche ora, come del mio ritorno, parliamoci chiaro: non si è accorta affatto.

Un’ esperienza che mi ha consentito di fare facili previsioni sulla fine che farà il resto del mio tesoro personale quando non potrò più porre rimedio a blocchi vari delle mie reti artificiali a causa di un irreparabile blocco interno alla rete del mio corpo.

Una coincidenza? A me non pare proprio. Qui qualcuno sta chiaramente agendo alle mie spalle. Lo sento, e il fatto che tutti prima di me abbiano fatto la stessa fine scientificamente lo dimostra.

SZ

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