
Orizzontali: 1- Simbolo dell’Idrogeno; 2- Simbolo dell’Elio; 3- Simbolo del Litio; 4- Simbolo del Berillio; 5- Simbolo del Boro; …
Stilare un catalogo quanto più preciso possibile degli enti che compongono il mondo immagino sia un’attività tra le meglio caratterizzanti la specie umana.
Fatta esclusione per tutte quelle azioni strettamente connesse con la sopravvivenza come nutrirsi, riposarsi, socializzare, riprodursi, proteggersi, … che la nostra specie condivide praticamente con tutto il mondo animale cui fa capo, quella di catalogare gli elementi del reale alla ricerca di uno schema o di un indizio da usare per collocare in una sequenza quanto più ordinata possibile oggetti e/o concetti, mi sembra possa essere una capacità appartenente a pochissime specie (1).
Se poi, piuttosto che fermarci a una catalogazione che, con un fare un po’ canzonatorio, si suole indicare come “botanica”, fondata quindi su caratteristiche esteriori come odore, sapore, forma, aspetto, sensazioni tattili, uso, …, ne cerchiamo altre meno istintive, che consentano di dedurre (e di indurre) le caratteristiche di un particolare elemento della realtà basandosi su proprietà sintetiche calcolabili, parametrizzabili, quindi prevedibili sulla base di una regola di qualche tipo, allora non credo ci siano dubbi: in questa zona di universo, gli unici a fare qualcosa del genere siamo noi appartenenti alla razza umana.
Di sicuro la ricerca di una classificazione fine di questo tipo è un approccio alla Natura non banale ma, quando e se riesce, non può che rivelarsi vantaggioso: attua una comoda compressione di una fetta della realtà riconsiderandola come qualcosa di riproducibile a partire da un seme e da un processo che, una volta applicato a quell’elemento zero e ai suoi prodotti successivi, ci mette in condizione di generare gli altri elementi del catalogo senza più doverli ricordare.
Vero quindi che “non fa scienza sanza lo ritener l’aver inteso”. Altrettanto vero è che se riuscissimo a catalogare il mondo usando un criterio basato su un processo di ordinamento che escluda il più possibile caratteristiche esteriori per privilegiare qualcosa che, non visto, ordina da dentro la realtà, il concetto di conoscenza perderebbe buona parte di quel connotato mnemonico che tanto ci limita sia nella dimensione spaziale che in quella temporale, aprendoci le porte a un nuovo approccio conoscitivo.
Nell’attività specifica del classificare, l’animale uomo ha accumulato una grande esperienza: è partito con tentativi alquanto puerili come quello compiuto, pare per la prima volta, dal mio antenato più noto il quale dicono abbia iniziato col dare i nomi agli animali traghettandoli così da un limbo di esistenza potenziale all’esistenza vera e propria.
In seguito abbiamo proceduto attraverso varie tappe, in modo più sistematico e attento, grazie all’operato di tanti personaggi noti e di chissà quanti ignoti. Tra i primi, val la pena qui citare Aristotele, Linneo, Darwin.
Di questa attitudine della nostra specie a classificare possiamo trovare tracce ovunque. Banalmente si pensi, ad esempio, al bisogno di collezionare, ma anche e soprattutto alla propensione a organizzare mostre e “collettive” (alla fine delle quali di soito si pubblica il “catalogo della mostra”), a istituire musei, a scrivere enciclopedie, a gestire biblioteche (2) e nel generare algoritmi di catalogazione che possano aiutarci ad avere contezza della nostra comprensione del mondo.
Proprio quest’anno ricorrono i primi 150 anni tracorsi dalla creazione di una catalogazione che il russo Dmitrij Ivanovič Mendeleev ideò nel 1869.
In essa egli ordinò gli elementi chimici all’epoca conosciuti e le loro caratteristiche in uno schema che, frutto del suo intuito (in seguito si scoprì che l’ordine da lui imposto alla tavola è riconducibile a caratteristiche fisiche degli atomi che all’epoca non erano ancora state comprese, né forse sospettate), presentava il pregio di ordinare la realtà atomica del mondo secondo caratteristiche numeriche progressive e misurabili.
A differenza di altre versioni più o meno coeve della tavola degli elementi elaborate da suoi colleghi, in essa il chimico russo aveva lasciato alcune zone vuote all’interno delle quali nelle sue intenzioni avrebbero dovuto trovare posto altre specie atomiche all’epoca ancora sconosciute e che, prevedeva, avrebbero esibito proprietà intermedie tra quelle note poste sui confini di quelle lacune.
Alla luce di quanto appena detto, proprio per questa possibilità che offre di predire alcune caratteristiche dell’elemento nella casella n+1-esima a partire dai comprotamenti chimici delle precedenti n, la tavola periodica di Mendeleev mi ricorda ben altre tabelline (“tavoline”) che a partire da soli dieci simboli consentono di calcolare la totalità dei prodotti possibili.
A ben vedere, essa quindi possiede una affascinante ambivalenza: è catalogo che contiene tutti gli atomi conosciuti (3) e, indirettamente, anche la totalità delle strutture naturali e artificiali che compongono il nostro mondo e per questo motivo credo meriterebbe la definizione di “catalogo dei cataloghi”.
Ma è anche “tavola”, ovvero “ausilio per il calcolo”: essa, insomma, presenta proprio quelle caratteristiche sintetiche di cui parlavo alcuni capoversi più in alto e consente, qualora non si ricordassero le caratteristiche di alcuni elementi, di calcolarsele a partire da quelle di altri atomi noti, attuando finanche una valutazione approssimativa del loro comportamento chimico.
Nella tavola periodica, infatti, tutte le specie atomiche conosciute sono ordinate secondo il numero atomico Z crescente (numero di protoni) e in base al progressivo riempimento degli orbitali s, p, d, f (riempimento dal quale dipende la loro capacità di legarsi ad altri atomi per formare molecole) in modo tale che possiamo identificare nel suo schema dei trend che la solcano da destra a sinistra, dal margine superiore a quello inferiore, dall’apice destro in alto a quello sinistro in basso, da quello sinistro in alto a quello destro in basso, …
Osservandola in questo modo, essa consente di capire come mutano i comportamenti globali delle varie famiglie atomiche e, di conseguenza, di farsi pure un’idea approssimativa delle caratteristiche delle singole specie atomiche facenti capo a quelle famiglie.
Quasi fosse una regione geografica, l‘intero schema può essere così esplorato in tutti i sensi, rivelando a sguardi che partono di volta in volta da “punti cardinali” differenti la presenza di “correnti” (seguendo l’approccio dell’Atkins (4), mi verrebbe da dire “del Golfo”), ovvero andamenti chimici che sintetizzano tutto quanto avviene nel grande Tetris della realtà.
Considerando di volta in volta i vari parametri tabulati nelle singole caselle e riferiti a caratteristiche più che microscopiche dei vari atomi, si può così osservare il variare delle caratteristiche macroscopiche delle famiglie atomiche come l’affinità elettronica, la metallicità, la densità, le dimensioni dei singoli atomi, l’energia di ionizzazione,…
Nonostante quindi non si possa dire che nella tavola periodica sia riassunta l’intera ricchezza chimica del cosmo, è bello pensare che, data la regolarità con la quale mutano le proprietà dei vari elementi tra i gruppi (colonne), i periodi (righe) e i vari blocchi in cui si suddivide la tabella, altrove l’universo non dovrebbe riservarci sorprese così tanto… sorprendenti.
La Natura, a partire da Idrogeno ed Elio, “definizioni” (elementi) già presenti nelle fasi iniziali della storia del nostro universo (5) e occupanti la prima e la seconda posizione orizzontale nel mio “crucielementa” mostrato in apertura, in circa tredici miliardi di anni di vita ha creato nelle fornaci stellari tutte le altre “definizioni” che trovano posto a partire dal 3 orizzontale in poi.
In questo lunghissimo lasso di tempo si è inoltre divertita a combinare, a “incrociare” in vari modi queste “definizioni”, sillabe impronunciabili, per creare, grazie alla forza elettrica, composti chimici “pronunciabilissimi”. Addirittura reali.
Una volta creati questi in quantità tali da renderli oggetti macroscopici, la giurisdizione è passata alla forza gravitazionale e, nel caso della materia organica, alle spinte biologiche, ed evolutive che creano e disfano di continuo “parole” nuove e interi componimenti organici.
Tutti questi passaggi successivi durante i quali la complessità del gioco combinatorio è andata crescendo in modo esponenziale, spiegano molto bene la grande difficoltà incontrata da tutti coloro i quali hanno tentato di dare una classificazione precisa della realtà nei termini tipici e imprecisi delle più note tassonomie animali, floreali, minerali, …
La semplicità della tavola periodica degli elementi risulta così essere ordini di grandezza distante dalla complessità (in alcuni casi sembra si tratti piuttosto di “aribitrarietà”) delle catalogazioni degli oggetti reali.
Similmente a quanto si fa nella distinzione tra anodo e catodo, termini che usano i due prefissi greci ana- (trad.: “sopra”) e cata- (“sotto”), sospetto che la parola “catalogo” possa allora derivare da un processo di ordinamento che procede elencando gli item andando dall’alto verso il basso.
Durante questo scorrimento, quando alle volte capita di imbattersi in qualcosa che ricorda uno o più elementi già incontrati in precedenza nello stesso elenco, si torna in su per cercarli: si procede, quindi, in senso contrario alla ricerca dell’ana-logo.
Analogamente, procedendo lungo questa linea di ragionamento, mi diverte pensare che scendendo l’albero cronologico, è proprio grazie alla complessità derivata dai giochi elettrici, gravitazionali, biologico-evolutivi della Natura che siamo in condizione di giocare con le leggi e le forze dell’evoluzione e selezione culturale.
Grazie a esse siamo ritornati ancora una volta alle origini (abbiamo risalito l’albero) creando in lavoratorio nuovi elementi e nuovi modi di combinare quelli già esistenti.
Da un tale gioco nasce buona parte della zona della tavola periodica occupata dai Lantanidi (58 < Z < 71) e dagli Attinidi (90 < Z < 103), quella che seguendo l’Atkins conviene riguardare come “grande isola dei mari del Sud”: una “terra” in buona parte emersa dagli studi stimolati dalla ricerca bellica di strumenti di morte che fossero capaci di sfruttare la potenza contenuta nel nucleo atomico. Una ricerca che ci ha svelato la brevissima esistenza di elementi instabili collocati oltre la posizione dell’Uranio e per questo detti “transuranici”.
Insomma, la sintesi di cui festeggiamo il centociquantesimo anniversario è qualcosa di potente, di creativo, di esaustivo, ma soprattutto di unico tra le consapevolezze raggiunte nel mondo animale. Essa è uno splendido riassunto concettuale e visivo di cosa abbiamo compreso e di cosa siamo.
Se la tavola periodica che noi oggi utilizziamo risale al 1869, scopro che il primo cruciverba (in realtà all’inizio si chiamava “parole crociate” e solo in seguito fu battezzato così dall’editore Bompiani), gioco il cui schema da sempre connetto visivamente a quello di Mendeleev – è di pochi anni dopo: l’italiano Giuseppe Airoldi lo ideò nel 1890 anche se poi quel gioco fu associato al nome di Arthur Wymne cui viene erroneamente attribuita l’invenzione (ri)avvenuta nel 1913.
Mi piace pensare che una volta completato lo schema del mio Crucielementa, dall’incrocio di parole inutili, impossibili, senza senso come quelle che si ottengono leggendo il contenuto delle righe e delle colonne (6), vengano fuori tutti i composti esistenti, che possiedono quindi una loro realtà, una loro consistenza, delle loro caratteristiche ben precise.
Allora in principio era il verbo, anzi, erano le “verba” costruite con sillabe strane, le abbreviazioni dei nomi degli elementi chimici, affiancate da numeri che servono a “pesare le parole”.
SZ
1- Lo dico sottovoce solo perché sospetto che anche altre specie animali, a qualche livello, cataloghino spontaneamente gli oggetti del loro habitat. Sono molto curioso di saperlo e sarebbe interessante scoprire i limiti di questa affermazione. Spero davvero che possa intervenire un etologo a dirmi come stanno le cose.
2- Mi sembra interessante notare che nel 1841, quindi non molto prima della nascita della Tavola Periodica degli elementi, anche la biblioteconomia accelerava grazie all’introduzione di precise regole di catalogazione a opera di Antonio Panizzi.
3- Una semplice e doverosa precauzione: la storia della scienza mi raccomanda di ricordarmi che viviamo in un distretto infimo di un cosmo immane, laddove l’elemento chiamato “elio” è stato scoperto solo nel 1868, dopo che Janseen e Lockyer ne osservarono la presenza nello spettro del gas che compone la nostra stella Sole. Nulla vieta, quindi, che poco più lontano da qui la “fauna” atomica possa essere molto più variegata e interessante.
4- In questo libro, Atkins invita a considerare la tavola periodica degli elementi alla stregua di un regno da studiare da un punto di vista geografico. Un approccio che trovo estremamente interessante, coinvolgente e vincente da un punto di vista divulgativo
5- Nelle prime fasi di vita del nosro universo vi erano solo Idrogeno e, in misura molto minore, Elio. Due elementi la cui generazione viene di solito indicata come “nucleosintesi primordiale”.
6- Vi sono alcune, poche, eccezioni a quanto detto. Esistono infatti alcune fortunate “definizioni” verticali come il 3 verticale: Li-Na; il 56 verticale: Ba-Ra; il 13 verticale: Al-Ga che, se considerate come semplici parole, un po’ di senso lo possiedono.