LA BANALITA’ DEL BENE
È cosa nota che il giovane Einstein, avuta la serie di idee geniali alla base della sua Teoria della Relatività Generale, abbia scoperto di non avere gli strumenti matematici adatti al suo sviluppo.
Una scoperta per certi versi tragica, che immagino lo lasciò quasi stordito e impotente: senza un formalismo nuovo e adatto ad esprimere ciò che aveva intuito, lui era solo un fisico toccato dalla divina creatività, e basta. Un visionario che, sospettata l’esistenza di una realtà delle cose ancora da svelare dietro le evidenze già rivelate dalla fisica, senza gli strumenti giusti rischiava di essere solo uno dei sicuramente tantissimi uomini e donne con grandi idee, ma incapace di tradurle in calcoli precisi e in argomenti così forti da convincere tutti della bontà della sua intuizione.
Fu così che, su consiglio dell’amico Marcel Grossman, si rifugiò nella speranza che il calcolo differenziale assoluto elaborato dall’italiano Ricci Curbastro gli avrebbe potuto risolvere il problema; e così fu.
Non credo che l’operazione sia stata a costo zero: egli dovette studiare la teorie delle forme differenziali quadratiche, un modo nuovo di approcciare problemi che fino a quel momento forse nessuno aveva avuto l’ardire di aggredire: un po’ come dire che avete immaginato di realizzare un oggetto così tanto innovativo che né cacciaviti, né martelli e saldatori possono aiutarvi a costruirlo.
Prima di applicarvi alla sua realizzazione, dovete pazientemente impratichirvi nell’uso di uno strumento che o non esiste, o esiste ma mai nessuno l’ha utilizzato per un obiettivo concreto, lasciandolo lì a fare bella mostra di sé nel mondo delle pure idee, dove esso fa comunque la sua porca figura.
Il concetto che ho cercato fin qui di esprimere è che sia di sicuro importante avere nuove intuizioni, ma che non basta enunciarle per renderle vere. Se si è così attaccati al colpo di fulmine che vi ha condotti fino a vedere ciò che secondo voi nessun altro ha notato, allora la vostra convinzione vale la fatica che avete fatto prima per rendervi una voce autorevole nel segnalare l’esistenza del problema stesso, e quella che farete dopo per impratichirvi nell’uso degli strumenti che poi userete per dimostrare al mondo di avere ragione.
Si tratta di un processo lungo e tortuoso, percorrendo il quale si avrà più volte occasione di capire la bontà del vostro punto di vista e, soprattutto, la vostra aderenza ad esso. Se davvero la vostra idea è forte e valida, varrà la pena fare la grande fatica che richiederà giungere fino al risultato finale.
Di sicuro lo scoprì a sue spese Einstein il quale non si limitò a enunciare la sua Teoria della Relatività dicendo, come fanno tutti quelli che millantano di averla capita senza mai nemmeno avere letto una riga dei suoi scritti, “tutto è relativo”.
Tutta questa introduzione mi serve per denunciare un problema non nuovo, per spiegare il quale non necessito di misurarmi con una nuova e astrusa matematica.
Il problema in questione si riassume nella seguente domanda: perché se qualcuno, che esperto di un certo campo non è, porta dati ufficiosi, non corroborati da quelli ufficiali proposti dagli esperti, viene sempre preso molto più sul serio dalla gente di chi in quel campo lavora ogni giorno, da anni, con competenza e passione?
Il sospetto che dietro il lavoro costante di qualcuno possano celarsi secondi fini molto umani è lecito e sorge in tutti, specie quando quei dati ci restituiscono un’immagine della realtà quando per noi scomoda, quando fin troppo comoda.
Quando mi imbatto nell’opposizione netta che certi dati ufficiali ricevono dai cosiddetti complottisti – persone che, pur non avendo nulla a che fare con l’ambito cui quei dati si riferiscono, congetturano l’esistenza di cospirazioni di qualche tipo e sostengono con una sicumera fuori luogo la necessità di comportamenti e visioni opposte – ricevo la forte impressione che il dato ufficiale, fino a quel momento sconosciuto a tutti perché ritenuto privo di interesse alcuno, assuma importanza solo in quanto possibile controaltare adulterato del vero dato, quello ufficioso.
Credo che sia un po’ lo stesso meccanismo che porta in prima pagina, a caratteri cubitali, un’accusa devastante nei confronti di qualcuno, mentre l’eventuale smentita troverà posto solo in un piccolo trafiletto tra pagina 4 e pagina 10: chi i giornali li fa, sa benissimo che da un punto di vista comunicativo premia molto di più, in termini di vendite, il parlare male del dire bene (del benedire).
Quando ciò, come in questo periodo, accade, mi consolo pensando che nel mentre vivo questa situazione, vi è chissà dove un altro mondo possibile dell’infinito sliding doors in cui i complottisti hanno ragione. È quel mondo nel quale tutti i sospetti si rivelano fondati, veri, grandi intuizioni, idee rivoluzionarie.
Ora mi rivolgo direttamente ai complottari: quei sospetti non sono mica solo vostri, eh? Dubitare con malizia di certe cose, anzi, di tutto, è umano; è qualcosa che fa chiunque e che quindi non ha affatto il potere di rendervi originali. Lo farebbe solo se foste capaci di seguire con pervicacia, sostenuta da conoscenza, la traccia fiutata fino a scoprire, moderni Serpico, Scherlock Holmes, Indiana Jones delle fake truth, cosa davvero bolle in pentola.
Invece no: la rete vi protegge rendendovi arroganti, forti del fatto che nessuno vi chiederà mai di dimostrare alcunché nel mentre invece voi pretendete simili, schiaccianti prove dai vostri nemici del momento.
Domanda: quando le prove dovessere essere prodotte, sareste capaci di leggerle? Sareste in grado di decifrare il linguaggio necessario a esprimerle? Lo chiedo perché se la vostra risposta è positiva, ho da darvi una buona notizia: le trovate pubblicate nelle riviste specializzate.
Mi preme qui chiarire un punto fondamentale: è bene farsi un’idea della realtà e porsi domande circa ciò che in essa accade. Anzi, non è solo bene; è fondamentale e denota attenzione per ciò che riguarda tutti.
È anche da condannare chi, con una arroganza del tutto uguale e contraria forse dovuta alla stanchezza che comporta l’esposizione costante a beceri attacchi, pretende che a chi fornisce dati non si possano chiedere spiegazioni forse più chiare, intelleggibili da tutti.
Il problema è che gli estremisti di entrambe le fazioni non fanno altro che alimentare lo scontro bellico, proprio quando invece sarebbe meglio lavorare sull’incontro rilassato tra le parti.
Ciò che proprio non riesco a comprendere è come si possa scegliere la lettura di questo o quel giornale, o come si possa decidere di credere a questo o quell’esperto da bar per distruggere sine ulla spe e senza possibilità di repliche serene ciò che emerge da una lettura dei dati condotta da chi su di essi lavora mentre voi siete occupati a fare altro.
Si presume che chi dedica la sua vita a quella attività, lo faccia con una passione maggiore o uguale a quella che voi profondete nel vostro lavoro. Il maggiore vale per quei casi in cui il lavoro in questione è stato scelto; una scelta che ha comportato sacrifici, studi e cambi di vita molto difficili, da confrontare con il comunque dignitosissimo lavorare a qualcos’altro non per l’aver seguito personali passioni o inclinazioni, ma perché ci è capitato; perché la vita è andata così.
Se leggete bene, chi elabora i dati contro i quali vi scagliate ha almeno il buon gusto di puntellare le presunte fandonie che racconta con esperimenti, misure, contromisure, …: tutto un repertorio di azioni e testimonianze che, non so se ve ne rendete conto, allarga sospettosamente a macchia d’olio il numero di persone secondo voi coinvolte nell’immane macchina mistificatrice: quella che fantomatici “loro” ogni mattina attivano così come voi accendete la fiamma sotto la Moka (della prova sociale della malafede del complottisimo ho già parlato in passato. Trovate l’articolo qui)
Quindi, dicevo, forse c’è un mondo parallelo in cui avete ragione.
Però, spero ne converrete, se è possibile immaginare quello, deve essere possibile anche teorizzare che ne esistano pure moltissimi altri in cui venite pubblicamente sconfessati per aver voluto fare i sapientoni; anzi, gli ignoranti che, baciati dalla dea della genialità non sorretta da sapienza, sanno vedere oltre i giochi di chi invece ha studiato e che vi sta sulle balle sin da quando a scuola se ne stava ai primi banchi rispondendo correttamente mentre voi riparavate negli ultimi a sfottere e scaldare la sedia. Per scelta? Forse. O forse e semplicemente perché non eravate capaci di fare nulla di meglio, qualsiasi fosse il banco da voi scelto.
Un dato importante del gioco mentale cui mi abbandono per regalarmi un sorriso è il seguente: questi mondi alternativi sono tali da lasciarvi fare ciò che volete: lì non vi sono leggi da violare o decreti da ignorare, ma solo consigli avveduti; ad esempio, durante l’epidemia nessun poliziotto vi fermerà per strada per il semplice fatto di essere usciti a passeggiare in barba a ciò che vi è stato consigliato.
Immagino quei vostri avatar in mondi senza proibizioni andare a spasso spavaldi, con sicumera, confidenti nella loro visione, nei loro lettura dei dati, a verificare se davvero ci si ammala; a controllare se davvero, come sostenete con forza sbandierando indizi elaborati da altri, i dati ufficiali sono sbagliati.
Quindi mondi alternativi in cui non avrete scuse; scenari nei quali non proteggervi dietro il dito del timore di ricevere una multa se solo vi comportaste come secondo voi sarebbe molto meglio fare; mondi nei quali non avreste la possibilità di scagliarvi contro l’incostituzionalità di un decreto che serve anche a salvare voi, che a quanto pare non avete alcun timore di morire.
Ho una notizia da darvi: simili mondi esistono e, frequentandoli, si scopre che nessuno si fa davvero male. Immagino però che, non appena vi rivelerò dove si trovano, dubiterete della loro purezza, subodorando si tratti di ulteriori artefatti del potere che, stupido, sta godendo delle borse che vanno giù.
Simili mondi alternativi si chiamano “simulazioni”: vengono creati grazie a potenti computer nei quali gli atteggiamenti di chi è timoroso, come anche quelli di chi è stupidamente spavaldo vengono messi a confronto a partire da ipotesi forse opinabili, ma chiare e dichiarate; ragionevoli ma caute.
Immagino che, o complottisti, di tutto ciò non vogliate saperne nulla, anche perché, se dubitaste dell’onestà di chi li ha programmati, dovrei chiedervi di fare prima corsi universitari di programmazione avanzata per potere così comprendere come ha proceduto nel realizzarli chi si confronta con simili, difficili scenari alternativi nel mentre voi digitate furiosamente sulla tastiera i vostri facili deliri.
Insomma, lo sappiamo tutti: quella anti-costituzionalità che condannate di continuo vi salva da figure di mmerda epocali.
Spero che almeno nel vostro privato sommessamente la ringraziate.
E così, o miei eroi di pezza, di complotto in complotto, anche oggi vi siete regalati la vostra illusione di importanza.
SZ