BAROMETRI, RUMORE E TRAFFICO
Paese che vai, storielle che trovi.
Nel paese dei fisici ne girano tante e, tra le più simpatiche, vi è quella dello studente all’esame di fisica che si rifiuta di dare la risposta canonica, l’unica che il docente vorrebbe sentire, alla domanda: “lei ha un barometro. Mi dica come lo usa per calcolare l’altezza di un grattacielo”.
Il ragazzo, ostinandosi a dribblare quello che intuisce essere l’unico argomento al quale il docente è interessato, ne trova di alternativi, tutti corretti, estremamente creativi e capaci di far intuire, oltre una certa dose di umorismo, la sua grande conoscenza della materia.
Uno degli aspetti per me più interessanti di questa storia, è che in essa, da strumento che misura le differenze di pressione atmosferica, il barometro diventa un oggetto qualsiasi, senza particolari funzioni e importante solo perché ha una dimensione, un peso (importante solo per dare una necessaria tensione alla corda alla quale a un certo punto viene appeso) e un valore monetario.
In alcune versioni della storiella, le risposte così eccentriche fanno irritare il docente, che dimostra così di essere molto meno flessibile e capace del giovane studente, rivelando così – Ὁ μῦθος δηλοῖ ὅτι… – la presenza in questa favola di più di una morale.
Per inciso, sembra che in realtà si tratti di un aneddoto, ovvero di una fatto realmente accaduto nel quale il ruolo dello studente è toccato a un certo Niels Bohr.
Questo breve cappello introduttivo mi serve solo per legittimare l’uso, a mo’ di strumento di misura, che ho fatto ieri di una situazione alquanto irritante che mi sono trovato a vivere.
Ho già parlato in queste cronache del rumore che affligge questa casa, posta com’è al piano terra, per il semplice fatto di affacciarsi sulla strada che corre a una distanza di al massimo tre-quattro metri da qualsiasi posizione io decida di occupare nella mia abitazione.
Da programma, uno degli obiettivi della mia giornata di ieri doveva essere la registrazione di un nuovo video musicale nel quale, come ho già fatto di recente, mi sarei clonato tre volte per suonare con un assembramento di mie copie ispirato dal favoloso delirio interpretato da John Malkovich.
Purtroppo, dopo vari, snervanti tentativi, ho dovuto accettare la sconfitta: a differenza di quanto a fatica mi è riuscito il 21 Marzo scorso, il rumore proveniente dalla strada ieri era così tanto da non consentire di realizzare una registrazione anche solo lontanamente decente.
Tra l’altro, ho registrato il passaggio di numerose macchine molto più rumorose del normale: vecchie auto smarmittate (la finestra sulla strada mi permette di vedere quale sia la fonte del rumore) e modelli sportivi che del rumore prodotto fanno un carattere distintivo, un vanto tencologico futuristico, quindi decisamente anacronistico, oltrechè stupido.
Se poi si aggiunge che il finestrino dalla parte del conducente in molti casi risultava aperto per rivelare al mondo, fino a un attimo prima incurante di simili aspetti del reale così importanti, pure il numero di watt che gli impianti stereo di quei pescherecci da strada riescono a produrre, il gioco è fatto: forse cadendo in un discutibile, ma abbastanza veritiero luogo comune, si riesce da questi pochi elementi a intuire anche la caratura umana degli autisti così impegnati e professionali nel lesionare il sacco scrotale altrui.
Tutto ciò mi fa sentire di essere prigioniero non tanto dei muri di casa che, anzi, mi dimostrano di accogliermi, di cullarmi, di tentare di proteggermi, quanto dai muri sociali, imposti dalle mie ridicole tasche che non mi danno scampo: devo accettare questa difficile promuscuità e il carico di aspetti più deteriori cui essa mi sottopone sine ulla spe.
Una buona parte della mia giornata di ieri è stata inconsapevolmente sacrificata in onore della noncurante presenza altrui. Un fetta importante, fatta di secondi, minuti, ore preziosi, di obiettivi e investimenti mentali e spirituali che, disattesi, anche con le migliori intenzioni, nessuno mai potrà restituirmi.
Dal numero di tentativi per ora (tentativi/ora) effettuati durante la sfortunata sessione di registrazione – praticamente l’equivalente del barometro di Bohr – ho dedotto quale più o meno dovesse essere l’ordine di grandezza dell’aumento generale di traffico di automobili: vivo in una strada periferica nella quale il numero di macchine in transito è sempre una frazione abbastanza costante del traffico del centro cittadino e, tramite una telefonata a un mio amico che lì abita, ho avuto una parziale ma comunque importante verifica di quanto sospettato: in giro vi è molta gente che amabilmente circola a piedi, in bici, in macchina, in moto o motorino, nei mezzi pubblici.
Qualcuno forse potrà romanticamente leggere – anzi, vorrà leggere – questo dato come un inevitabile ritorno alla vita. Personalmente, oramai credo si sia capito, temo possa rivelarsi un indizio di tutt’altro tenore e i dati di questi giorni, pur nel suggerire che possa esservi un qualche miglioramento in atto, in qualche misura lo confermano: ancora ci si ammala, ancora si può finire in terapia intensiva, ancora si muore.
Allora, con grande preoccupazione, una apprensione motivata esclusivamente da altruismo e sconfinato amore per il mio prossimo, mi chiedo, e vi chiedo: me la fate fare ‘sta registrazione???
SZ