La vita, specie quella di abitudinari come chi scrive, è costellata da tanti riti. Una bella consuetudine è per me fare colazione con un giornale a portata di mano.
Intanto un distinguo: quando sono a Bologna, colazione vuol dire caffè, cornetto alla crema e bicchiere d’acqua. Qui a Catania le cose si complicano piacevolmente e, oltre ad acqua e caffè, ci vuole una granita di mandorle o di gelsi (quelle che amo di più, ma ce ne sono anche di altri gusti) e una brioche calda. Altro distinguo: a Bologna mi piace dare un’occhiata a Il Resto del Carlino nella pagina dedicata alla città mentre qui sull’isola è d’obbligo dare una scorsa alle pagine catanesi de La Sicilia.
La Domenica, poi, l’abitudine si fa lusso, addirittura, e il giornale me lo compro. I motivi per farlo sono vari, ma tra tutti spicca il tentativo di evitare almeno per un giorno di farmi il sangue acido nell’osservare come alcuni incivili, irrispettosi degli altri e convinti che chi gli sta attorno sia solo una fastidiosa proiezione del loro smisurato e fantasiosissimo ego, prendono in ostaggio per mezz’ora o finanche un’ora il giornale del bar – sì, quello che sarebbe solo da consultare velocemente – per leggere ed evidentemente mandare a memoria finanche i necrologi. Dedico tutto il mio disprezzo di oggi a questi imbecilli.
L’ho detto, sono abitudinario e alcune consuetudini vengono spesso tramandate da padre in figlio. Mio padre, che comprava tutti i giorni La Repubblica e il Corriere della Sera con ogni tanto l’aggiunta de Il Manifesto, mi ha involontariamente lasciato in eredità un certo piacere fisico nello sfogliare almeno il primo dei tre. Lo so, concordo con molti di voi: è una testata che alle volte lascia perplessi, ma pare che la nuova politica della sinistra non solo lo ammetta, pretendendolo, addirittura. In ogni caso, l’abitudine ha sempre la meglio su di me e una certa cura nella confezione di quelle pagine mi aiuta a passare sopra certi “difetucci”. In ogni caso, ho scoperto che la mia sindrome da attaccamento compulsivo a quella testata non è neanche tra le più eclatanti. Mi sono infatti imbattuto in un blog tenuto da persone che hanno deciso di commentare con estremo rigore finanche le font usate dalla redazione di quel giornale. Se può interessarvi, ecco l’indirizzo:
http://pazzoperrepubblica.blogspot.it
Nonostante tutto, La Repubblica è per me il giornale (… non quel giornale. Vi prego, non fraintendetemi), anche se poi scopro che, se mi venisse dato il potere di farlo, riassumerei l’intera pubblicazione in poche pagine o, meglio, in poche rubriche. Salverei L’amaca di Michele Serra, le vignette di Bucchi (quando presenti), e le pagine culturali, specie quando non vengono affidate ai soliti personaggioni, tuttologi di professione, che tanto piacciono agli italiani (per forza: glieli propinano in tutte le salse e alla fine… Gutta cavat lapidem).
Alla Domenica, poi, capita che tutti o quasi i quotidiani si arricchiscano oltremodo con inserti di vario tipo e La Repubblica non è da meno. Offre infatti l’inserto La Domenica Cult che contiene un bel po’ di articoli in grado di soddisfare un gran range di palati.
E la scorsa Domenica il mio palato ha festeggiato. Sì, perché a pagina 35 ho trovato l’articolo di Jaime Dalessandro L’immaginazione è finita, non ci resta che la scienza, un bellissimo pezzo incentrato sull’intervista fatta al disegnatore Yoshiyuki Tomino (http://it.wikipedia.org/wiki/Yoshiyuki_Tomino), padre di Gundam il quale afferma: “Ho immaginato il futuro per più di trent’anni. L’ho scritto, l’ho disegnato, l’ho trasformato in intrattenimento”. L’intervista poi si chiude con un’affermazione che di solito non si immagina di ascoltare dalla bocca di un disegnatore di fumetti: “Credo nella ricerca scientifica. Non è molto forse, ma è quello che mi resta”. Beninteso: sono convinto che si possa e si debba credere nella ricerca. A sorprendermi piacevolmente è stato scoprire che per un artista la ricerca scientifica possa arrivare a essere tutto ciò che gli resta da credere.
A pagina 50 invece mi imbatto nell’intervista concessa da Carlo Cellucci (http://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_Cellucci) ad Antonio Gnoli. Non conoscevo il personaggio e confesso: a farmi fermare su quella pagina è stato il bel ritratto fattogli dal solito Riccardo Mannelli, un altro fumettista abbastanza sui generis, da tempo convertitosi all’illustrazione. Il suo stile non sempre è in grado di colpirmi e ritengo di averlo apprezzato di più quando faceva il dissacratore, cioè quando rappresentava il laido, lo squallore riuscendo a metterlo in evidenza col semplice disegnare le cose (e le persone, alcune persone) così come sono. All’epoca era puntuale nel dimostrare come la realtà, disegnata in stile quasi iperrealista, possa rivelare ciò che l’occhio stanco, uso e abusato, non nota più nemmeno in una foto.
Ma torniamo al Cellucci. Se Mannelli mi ha fatto indugiare su quelle due pagine, il sottotitolo (in realtà, era in alto nella pagina. Era un sopratitolo?) e il titolo mi hanno definitivamente convinto a leggere l’intero l’articolo. Promettevano, rispettivamente: “Dagli studi di filosofia alla grande passione per la matematica e la logica, con in mente sempre il detto di Cartesio: Per costruire qualcosa bisogna prima distruggere ogni certezza”. “Carlo Cellucci – Il vero è solo un fantasma la scienza cerca il plausibile”.
Mi ha divertito seguire la sua narrazione del supramondo nel quale galleggiano vere e proprie icone della cultura del ‘900 (in ordine di apparizione nel testo): Lucio Colletti, Imre Lakatos, Karl Popper, Paul Feyerabend, Thomas Kuhn, Vittorio Somenzi, Ludovico Geymonat, Bertrand Russell, Alfred North Whitehead, Noam Chomsky, Ludwig Wittgenstein, Stephen Hawking, Kurt Goedel, David Hilbert, John von Newmann, Rudolf Carnap, Georg Cantor, Charles Sanders Peirce…
Ciò che più mi ha fatto pensare, oltre a certe sue definizioni e visioni di e sulla scienza, è quella familiarità dell’intervistato nel citare nomi di personaggi (alcuni di loro Cellucci li ha conosciuti sul serio, di persona) e concetti appartenenti al mondo della filosofia della scienza che, pur vivendo in un ambiente di ricerca per molte ore della mia giornata media, non sento mai pronunciare.
Che la filosofia, almeno quella della scienza, proprio non abbia appeal in ambiente scientifico, me lo dice con una certa durezza il saggio del 2009 di Gabriella Fazzi Così vicini, così lontani – visioni di scienza nei ricercatori del CNR (Editore Bonanno, prezzo: 28,00 euro). Un testo che, tra le altre cose, mi fa capire come non sia cambiato nulla da quando, molti anni fa, una volta iscrittomi a Fisica e costretto a presentare un’idea di piano di studi, scelsi tra gli esami complementari Epistemologia, da seguire a Filosofia. Dopo solo un paio di giorni, fui convocato d’urgenza nientepopodimenoché dal direttore del mio corso di Laurea il quale mi chiese spiegazioni per quella mia scelta così “bizzarra”. Gli dissi che, venendo dal liceo classico, avevo imparato a non fare a meno di certe speculazioni che alla scienza non potevano che fare bene. La sua risposta fu: “Sarà, ma tenga presente che io sono arrivato qui dove sono senza sapere queste cose” (esticà…!). Per inciso: per quanti sforzi io faccia, non riesco proprio a ricordare il nome di quello arrivato lì. Insomma, Croce avrà anche perso (per fortuna, aggiungerei… ) nel suo tentativo di demonizzare la scienza, ma, come ho già avuto modo di notare in un altro mio post (https://squidzoup.com/2013/12/30/testa-and-croce/), direi che i vincitori non vadano comunque cercati nel bel paese.
“Chissà”, mi dico, “forse in ambiente filosofico o matematico è più facile sentire parlare dei su citati epistemologi ai quali noi “scienziati”, consapevolmente debitori nei confronti del pensiero di Galileo, di Cartesio, di Newton e Einstein, dobbiamo pure molto (anche se lo dimentichiamo), specie in riferimento alla plausibilità delle modalità di azione tipiche di chi fa ricerca”, ma poi, a convincermi che così non può essere, c’è una certa brutta sensazione, avvalorata da ciò che riferiscono alcuni filosofi di mia conoscenza.
La loro opinione è che la filosofia della scienza nel mondo accademico non abbia poi così tanto spazio, almeno in quello italiano. Me lo conferma anche Aurelia, laureata in filosofia, bravissima e competente libraia di un bookstore catanese molto in vista, mentre mi individua un libello di Lucio Russo dalla costa sottile e bassa (La cultura componibile – Dalla frammentazione alla disgregazione del sapere, Liguori Editore, 2008, prezzo: 12,49 euro) che soccombe e quasi soffoca tra decine di pubblicazioni dalle dimensioni prepotenti.
E mi sembrano confermarmelo anche a) il dato che in libreria non sia possibile trovare così tante pubblicazioni su questi argomenti, b) una rapida ricerca nei siti di alcuni atenei italiani dai quali mi pare di capire che forse sarà anche possibile studiare la filosofia della scienza in qualche corso, ma poi è difficile immaginare un percorso professionale in quella direzione, c) il dato che la filosofia della scienza non riesca ancora a farsi apprezzare in ambiente scientifico. Se ho ragione, tutto ciò rappresenta il triste fallimento dell’idea di Jean-Marc Levy Leblond di cui ho parlato con un certo entusiasmo in un precedente post (https://squidzoup.com/2013/12/10/zibaldon-di-leblond/). Confido in vostri commenti che sconfessino me e i miei referenti. Sarebbe una bellissima, vittoriosa sconfitta.
Parlavo di alcune affermazioni interessanti di Cellucci. Eccole: “Il richiamo alla verità mi fa sorridere. É un fantasma. La sua ricerca esiste nella teologia, forse nella filosofia, magari in qualche frase che due innamorati si scambiano. La scienza non cerca la verità. Ho sostituito il concetto di verità con quello di plausibilità. (…) Se la scienza si occupasse di verità si dovrebbe concludere che la sua storia è la somma di una serie di fallimenti. (…) Non esiste approssimazione alla verità ultima. (…) Non esistono verità ultime. Ciò che costruiamo umanamente serve a conoscere parti del mondo e a sopravvivere in esso. Limito molto il valore della scienza”
Sospendo il giudizio su molte di esse, ma ce n’è una che mi piace in modo particolare ed è: ciò che costruiamo umanamente serve a conoscere parti del mondo e a sopravvivere in esso.
Questo connettere l’intera attività intellettuale alla sopravvivenza di chiunque, includendo in “tutta” non solo le discipline di cui è facile sperimentare la ricaduta nella vita di tutti i giorni, ma anche la logica, la filosofia e qualsiasi altra forma di speculazione teorica… (le costruiamo umanamente) che così diventano strumenti elettivi per superare le prove evolutive, mi fa stare decisamente meglio.
La visione del Cellucci potrebbe far apparire dei praticoni, dei supereroi, dei boy-scout che aiutano la vecchina ad attraversare la strada anche i più teorici dei fisici teorici o i più distratti dei filosofi teoretici.
E se un artista, disegnatore di fumetti ed esperto di animazione il quale a bordo delle sue creazioni grafiche ha condotto intere generazioni verso il futuro lungo la direzione indicata dalla scienza, può scoprirsi fiducioso nella ricerca scientifica, sono felice di poter urlare con Cellucci che filosofi della scienza, matematici, logici, cosmologi… si muovono lungo pensieri complicati e apparentemente astrusi, inutili e lontani dalla quotidianità per tornare dalla speculazione teorica alla società con validi suggerimenti e forse con la soluzione al problema di come meglio sopravvivere in futuro.
Insomma, ci si vede in centro: In medio stat humanitas.
SZ
Sottofondo:
Personal Moutains – ECM
- Keith Jarrett – piano
- Jan Garbarek – tenor saxophone, soprano saxophone
- Palle Danielsson – bass
- Jon Christensen – drums
Nella mia esperienza, la filosofia della scienza è intesa dagli studenti di filosofia un po’ come è vissuta la matematica al liceo classico: quelli cui piace, la amano di profondissimo amore, e apprezzano anche il professore, gli altri la ritengono inutile, soffrono nello studiarla, la schifano pure un po’ e considerano il professore carogna ehm, troppo severo. Certo, che un esperto di storia della filosofia tardomedievale -che, per carità, è bellissima- o che uno studente appassionato di greco -che, diciamolo, apre le porte alla comprensione profonda dlella nostra lingua e a una letteratura sterminala e profonda- mi dicano che due discipline vive e con ricadute importanti come la filosofia della scienza e la matematica sono poco utili, beh, mi fa ridere abbastanza.
Interessantissimo Cellucci sulla verità. Hai letto il “Della Certezza” di Wittengstein? La filosofia, a parer mio, non si interessa di cosa sia verità, ma di cosa sia la verità. Almeno oggi, almeno tra gente seria. La teologia nemmeno si interessa di cosa sia verità: la verità di Dio, almeno per i teologi cristiani, è un assunto. Ma di teologia ho letto pochissimo, (pochissimo = “Giiuseppe Ruggeri, Prima lezione di teologia, Laterza 2011” magnifico e facilerrimo, ma non basta ) e c’è la ragionevole possibilità che io sia in torto.
Nella mia esperienza, la filosofia della scienza è intesa dagli studenti di filosofia un po’ come è vissuta la matematica al liceo classico: quelli cui piace, la amano di profondissimo amore, e apprezzano anche il professore, gli altri la ritengono inutile, soffrono nello studiarla, la schifano pure un po’ e considerano il professore carogna ehm, troppo severo. Certo, che un esperto di storia della filosofia tardomedievale -che, per carità, è bellissima- o che uno studente appassionato di greco -che, diciamolo, apre le porte alla comprensione profonda dlella nostra lingua e a una letteratura sterminala e profonda- mi dicano che due discipline vive e con ricadute importanti come la filosofia della scienza e la matematica sono poco utili, beh, mi fa ridere abbastanza.
Interessantissimo Cellucci sulla verità. Hai letto il “Della Certezza” di Wittengstein? La filosofia, a parer mio, non si interessa di cosa sia verità, ma di cosa sia la verità. Almeno oggi, almeno tra gente seria. La teologia nemmeno si interessa di cosa sia verità: la verità di Dio, almeno per i teologi cristiani, è un assunto. Ma di teologia ho letto pochissimo, (pochissimo = “Giiuseppe Ruggeri, Prima lezione di teologia, Laterza 2011″ magnifico e facilerrimo, ma non basta ) e c’è la ragionevole possibilità che io sia in torto.
Ciao!
No, non ho letto quel testo di Wittgenstein ma confido nel fatto che me lo metterai da parte… 😉
Interessante scoprire che gli studenti di filosofia (immagino tu stia parlando dei tuoi ex compagni di corso) non riescano a liberarsi di antiche paure connesse con la matematica e la scienza e che addirittura consentano loro di espandersi fino a inglobare la speculazione filosofica che si occupa di scienza.
Al solito, la soluzione potrebbe celarsi in un cambio di marcia, da attuare non so come, nell’insegnamento delle materie scientifiche a scuola.
Ma questa, pur essendo oramai storia, è un’altra storia…
Per quanto riguarda la ragionevole possibilità che si sia tutti in torto, direi che ne sono abbastanza sicuro.
Sarei pronto a scommetterci una granita! 🙂
Scusate la mia piccola intrusione , devo riconoscere la mia completa ignoranza in materia, sembro uno stupido in confronto ma conoscendoti , so che non te ne importa nulla , io volevo semplicemente dire che trovare le tue news nella posta risveglia la mia pigrizia nella lettura è veramente leggero anche se a volte difficile per me, leggere le tue pagine .
ma come tu disegni e scricvi con i fumetti (che io adoro ) (leggo ancora oggi dopo oltre 30 una serie del buon Bonelli di fantascienza ), cerco di capire. per cui alla prossima . ciao caro amico .
Grazie Angelo ti ho risposto sul sito e sto girando le tue email alla daniela perchè anche se io le lei non ci si veda più ,ho piacere che legga queste tue . per cui spero non ti dispiaccia se continuerò a farlo . ciao
De Rosa Massimo
Date: Thu, 31 Jul 2014 23:10:57 +0000 To: maxderosa@hotmail.com
Ciao, Max! Intanto grazie, grazie di essere sempre così attento e presente. É una cosa che apprezzo tantissimo, e lo sai.
Sai anche che condivido appieno la tua passione per i fumetti. E con questa fanno due (non dimentichiamoci che siamo entrambi dei maniaci dell’armonica… 🙂 )
Dì pure a Daniela di questo Blog. Averla tra i miei followers (pare si dica così…) sarà una gioia per me. TI abbraccio e grazie ancora!
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