UNA RISACCA CI SEPPELLIRA’
Oramai lo vedo. Oramai lo intuisco.
C’è baldanza, ci sono i segni di una vittoria che vittoria non è su un nemico che non credo si sia capito davvero. Ci sono quindi i segni per dire che ancora una volta abbiamo perso contro quello che mi sembra essere il nostro vero nemico mai davvero identificato; mai davvero dichiarato: la natura umana.
Siamo già per strada. Siamo già fuori, non solo con la testa ma anche con braccia, gambe, pneumatici.
La data del 4 Maggio, quella scelta per la fine dell’odiato, mai capito lockdown, arriva più veloce nella realtà che sul calendario dove continua ad avere la lentezza dei secondi, dei minuti, delle 24 ore.
Arriveremo al 4 Maggio così come si arriva alla Primavera, all’Estate e a tutti gli altri appuntamenti che, pur avendo un inizio giudirico, una misura precisa, uan cadenza non interpretabile, vengono annunciati da vari effetti, da vari indizi.
Come gemme che sbocciano prima, come Procione che precede Sirio, sono quasi certo che il 4 Maggio sorprenderà tutti già in giro da prima e la consapevolezza di blanda clandestinità si trasformerà in felice sorriso per la sopraggiunta liberazione e in arroganza compiaciuta di facce contratte dal malevolo e galeotto piacere che ragala la consapevolezza di non avere seguito affatto le indicazioni date.
Di tutto ciò potrei anche non interessarmi o, quantomeno, potrei far finta di non curarmi minimizzando con la falsa superiorità che mi regala sapere che continuerò fino a quando potrò a sentirmi segregato, ma per un attimo il pensiero mi sfugge, lasciandomi lì sgomento per l’averlo perso di vista.
Va a visitare con l’immaginazione quella Natura che in molti hanno visto prendere pian piano coraggio (ri)appropriandosi delle ultime propaggini di paesi e città, quando non addirittura il centro di abitati più piccoli.
Il pensiero, come un velocissimo drone, pela l’erba cresciuta tra i sanpietrini, incontra le famiglie di cinghiali in transito alle fermate dell’autobus, sfiora, notturno, i daini nei parcheggi, sorvola nell’aria stranamente pulita il mare nei porti dove schiva pinne di delfini e squali e viene investto dagli spruzzi di capodogli.
Sorvola divertito e si chiede cosa ne sarà di tutta questa ondata di marea selvaggia e desiderabile che, una volta arretrata l’umanità nelle sue tane, ha preso coraggio riconquistando spazi, strade, piazze, acque e spiagge ai quali da secoli ha dovuto rinunciare.
E proprio come una spiaggia che, finita l’acqua alta, rimane bagnata per l’incapacità di tutto il liquido di ritrovare la strada prima percorsa in senso inverso, anche questa risacca temo farà delle vittime: qualche animale, incapace di capire cosa è successo prima e ancor più incapace di comprendere l’ulteriore cambiamento cui ci stiamo preparando, verrà lasciato indietro a bagnare le nostre spiagge cittadine, e lì probabilmente morirà.
Pur se immune, a modo suo anche lui vittima del COVID 19, non farà statistica; sul web non diverrà motivo di acrimonia o di vanto per chi crede di avere sempre dati più aggiornati circa i morti causati dall’epidemia.
Semplicemente morirà nella disattenzione generale.
Nessuno, forse, tenterà di valutare il danno netto alla psiche degli animali o alla chimica delle piante che, anche loro, dopo avere vissuto un breve periodo di libertà originale, una volta costretti a rientrare in angusti ranghi ed aiuole, subiranno un danno che non sappiamo ancora valutare.
Così come è andato via, uno tsunami umano tornerà velocissimo sui suoi passi all’urlo poco onesto di “abbiamo vinto! Il virus è sconfitto”. E così com’è arrivata, silenziosa e mai pretenziosa, la risacca di Natura arretrerà impaurita, lasciandoci il dubbio di non aver ben capito chi davvero sia il buon selvaggio.
Del resto, lo sapevamo: la promessa di una diminuzione dell’entropia è di suo una mistificazione alla quale non dare mai credito.
In qualche modo stava avvenendo qualcosa di impossibile in fisica. Meno male che noi vigiliamo e torneremo presto a ristabilire il giusto ordine… disordinato.
SZ