STESSO MAZZO, MA SEME SBAGLIATO
Giorni fa mi è capitato di vedere il commento di un mio amico di Facebook che se la prendeva con chi, a suo dire, si fa portatore di un uso “violento e intimidatorio della propria millantata scienza”. In quel post concede che esista l’arroganza degli ignoranti, ma trova “quella degli eruditi doppiamente ingiustificabile”.
Non so perché – in fondo, non vengo citato – ma mi sono sentito egocentricamente tirato in ballo: come ho già avuto modo di raccontare, un blog non permette di sapere chi ti segue, almeno fintanto che qualcuno non decida di esplicitare la sua appartenenza alla schiera dei tuoi lettori (o dei detrattori). Questo mio amico non ha mai rivelato alcunché, ma come Facebook mi ha mostrato il suo post, così immagino abbia fatto anche con i miei, avvertendolo che ho pubblicato diversi articoli (e poi, diciamo che ho anche qualche metodo per verificare alcune ipotesi…).
Se sono (anche) io il bersaglio di quelle parole, credo di essere stato davvero frainteso, e cercherò qui di spiegare perché. Avrei preferito di gran lunga una chiacchierata a 4 occhi, ma evidemente, chiunque fosse il suo obiettivo, l’accusatore ha evitato di infastidire direttamente l’accusato (“Tenetemi! TENETEMI! Ti è andata bene che mi hanno tenuto, sennò…”).
Ci arrivo da lontano, ma non preoccupatevi: convergo presto.
Lo studio della cosmologia pare suggerire che del cosmo vediamo solo il 4-6% della materia presente al suo interno. Tutto il resto, il suo contenuto oscuro suddiviso tra materia esotica ed energia di non si sa bene quale natura, ci sfugge. Questa, se volete, è una bellissima occasione per dare una valutazione numerica della nostra limitatezza o, se preferite, della nostra ignoranza abissale.
Ciò però non vuol certo dire che, parlando di simili argomenti aventi a che fare con la natura del cosmo su grande scala, la sua storia e la sua estensione, quella percentuale possa far tentennare davanti alla possibilità di chiedere lumi sulla materia astrofisica a un pizzicagnolo, a un virologo, a un bancario o a un cosmologo.
È chiaro che, per quanto socraticamente ignorante – in fondo, sono gli stessi cultori di quella materia ad aver dichiarato di non conoscere più del 90 % della loro materia – il miglior referente rimane il cosmologo al quale smetterò di far domande nello stesso preciso istante in cui la discussione virerà su argomenti tipo la ricetta della carbonara, come si combatte il CORONA Virus o i tassi di interesse attualmente previsti per un mutuo.
Se davvero sono io il destinatario degli strali del mio amico, o se anche, uno fra tanti, facessi parte della categoria che intendeva colpire, mi dispiaccio per l’aver dato un’idea di me di quel tipo e a mia difesa faccio notare che in tutti i miei post non ho fatto altro che rimarcare la mia estraneità ai fatti: in quanto esperto, anzi, in quanto venditore di una “millantata scienza” diversa da quella di cui mediamente parlo in questi giorni, ho sempre tenuto a dire che mi rimetto nelle mani degli esperti, quelli veri.
Cerco quindi di attenermi a quello che dice l’Istituto Superiore di Sanità, scelgo di seguire i consigli della Protezione Civile, quelli dei medici e virologi che anche ora, mentre sto scrivendo, sono impegnati sul fronte della malattia, piuttosto che seguire i grafici dei miei colleghi astronomi come anche i consigli di chi non fa altro che cercare che tentare di dedurre da presunti principi universali la giustificazione per la propria comprensibile, ma non per questo meno insana voglia di uscire di casa.
Se non sono io il destinatario, trovo comunque che si tratti di uno di quei post strappa applausi – inutile dire che ne ha ricevuti tantissimi – in cui si spara in aria cercando solo di far rumore. I botti della festa del patrono, si sa: piacciono. Non li ho mai graditi, ma non posso che riconoscere il loro successo mediatico.
Il cecchino, di contro, è efficace e decisamente più onesto in quanto sceglie un obiettivo preciso. Colpendolo, con la sua azione dichiara in modo non ambiguo cosa davvero voglia e non lascia spazio a rose con troppi petali di interpretazioni possibili.
Prendersela con tutti equivale a non prendersela con nessuno. Il ruggito del coniglio (cit.) non credo serva a molto se non, come in questo caso, a spargere un insano dubbio.
Di contro, sempre in queste giornate, un altro mio amico e collega (che lui mi perdoni se lo definisco tale: nel nostro campo non sono di sicuro alla sua altezza, e nell’affermarlo, credetmi, non sono affatto ironico), mi ha fatto sapere, stavolta con apprezzabilissima chiarezza, ma finendo poi con l’usare toni non del tutto leciti (lo perdono: si esprime meglio con i numeri), di non essere d’accordo con me sulla spinosa questione di stabilire se i dati forniti dalle autorità siano da considerarsi attendibili o meno.
A parte concordare su una certa nebulosità comunicativa degli enti prima citati, tutta giocata su accezioni dei termini usati precise per gli esperti, ma del tutto ambigue per un pubblico generico – chissà, forse parlerò di questo problema nei prossimi giorni – credo che si tratti sempre e solo del solito spostare il problema: non sarà certo l’ostensione dei “grafici e dei tabulati giusti” debellare il COVID 19.
La sola competenza scientifica di un argomento seppur vasto, ma comunque specifico come la cosmologia, credo sia quanto di più pericoloso esista per farsi una idea precisa di pezzi specifici della realtà che non siano quelli appartenenti a questo ambito di studi e a suoi strettissimi parenti.
Mi spiego, anche se mi sento un po’ idiota a rimarcare ciò che dovrebbe essere lapalissiano: se devo parlare del contenuto di materia dell’universo, tu cosmologo sei di sicuro l’interlocutore ideale, ma qui – immagino tu l’abbia notato – si sta parlando dell’incidenza di un particolare fenomeno di cui si occupa una scienza non tua.
Ergo, qui l’esperto non è il pizzicagnolo, non è l’economista, ma non sei nemmeno tu. Qui, che ti piaccia o no, l’interlocutore giusto è il medico in corsia, il ricercatore dell’ISS o l’infermiere.
Sì, all’ordinario di astrofisica e cosmologia che può divertirsi a studiare l’evoluzione dell’epidemia come fosse l’evoluzione chimica del cosmo, preferisco l’infermiera che abita sopra di me e che mi racconta di quanto le strutture sanitarie pubbliche e private nelle quali lavora siano allo stremo.
Preferisco anche la narrazione del mio amico pneumologo e finanche quella dell’ortopedico, quest’ultimo tra l’altro impegnato pure lui contro un virus che non aggredisce di certo le ossa e costretto a rimandare a data da destinarsi tutte le operazioni di anca e ginocchio: quelle di solito garantite da una clinica specializzata nella soluzione di quel tipo di problemi e da un mese e più piena di malati di CORONA virus: la sua nuova priorità; il suo nuovo e si spera temporaneo core business.
Il frutto del divertimento dei miei colleghi – se avrò tempo, e se sarò capace di farlo – forse lo affronterò a emergenza finita, riguardandolo come un bellissimo e importantissimo case study da citare per rafforzare quella famosa idea di uniformità della natura di cui evidentemente sia io che il mio collega siamo ferventi assertori, ma che mi perdoni: dei suoi sofismi (sì, al momento non sono nulla di più), giustificati o meno che siano dai dati che ha scelto di assumere come buoni per motivi suoi – la sua voglia di uscire? La sua voglia di essere “contro”? Esibizionismo? … – al momento nessuno sa proprio che farsene.
Quando il mio amico scrive (tra l’altro, esprimendosi molto bene) che “lo spessore intellettuale richiede un’attitudine, una predisposizione, che può esistere o non esistere a prescindere dall’erudizione, e che ha a che fare con la capacità di intuire e di desiderare”, arrivando poi a citare il motto socratico che esalta il valore del capire di non sapere; quando condanna l’assenza totale di saccenteria tipica degli stolti, pur dicendolo con una eleganza e una chiarezza da far quasi venire voglia di credergli e tributargli un ulteriore applauso, a bocce ferme rivela il punto debole del suo punto di vista.
Punto debole che cercherò di evidenziare con una battuta iperbolica, esagerata, ma giustificata da quanto da lui affermato.
Se davvero crede in ciò che dice, assumiamo subito nelle strutture sanitarie maghi, santoni e uomini della medicina reclutati in lontani e sperduti villaggi di chissà dove: chi meglio di loro potrà soddisfare il suo bisogno di scoprire che l’esperto alla fine non esiste, che il re è nudo, che tutti possono dire ciò che vogliono sperando, anzi, prentendendo di essere sempre e comunque ascoltati anche su argomenti così particolari e delicati come la soluzione di una pandemia?
Che dimostri lui per primo cosa e come bisogna fare, chiedendo aiuto per un suo eventuale problema medico non al servizio sanitario nazionale, già in ginocchio per il troppo da fare, bensì al suo vicino di casa, al pizzicagnolo, al cosmologo e al bancario.
Se sei dottore in giurisprudenza o che so io, in casi come questo che stiamo vivendo devi scegliere di avere solo giuste e difendibili opinioni, abdicando però pubblicamente a favore di chi sa davvero ciò che serve sapere, o di chi ha i titoli per affermarlo. Puoi pretendere un dialogo, ma non credo sia un bene armarsi di rabbia e scagliarsi con una ùbris simile, anche se generica, a quella che condanni.
Mi sono accorto anche io dell’esistenza di personaggi che, oramai divenuti fastidiosi riferimenti televisivi, meritano di sicuro i tuoi attacchi, ma per ognuno di loro, ce ne sono tanti altri che raccontano dal basso la stessa situazione con toni più umani e accettabili e con consapevolezze spesso maggiori di chi oramai tiene d’occhio più lo share, la diffusione virale della sua faccia che non i dati circa la diffusione del virus, quello vero.
Fare polemica contro quei personaggi li rafforza, ma se il bersaglio non è dichiarato in modo preciso, ha anche l’effetto di indebolire chi davvero sa e, proprio per questo, si sporca le mani in corsia.
Troverai così folle di persone che come me e te non sanno nulla di medicina e affini e che, incoraggiate anche dalle tue parole, pretenderanno di spiegare ai medici come si opera, ai capi della protezione civile come si agisce sul territorio, ai virologi la vera origine del virus.
Personalmente so che devo farmi da parte, scegliendo di giudicare solo gli atteggiamenti dei miei pari e accettando con umiltà che i fari utili a vedere chiaro fra le carte del problema odierno siano quelli in mano ad altri.
Caro amico e caro amico-collega, riconoscete con me di non sapere nulla del gioco che si sta facendo a questo tavolo; tu, collega, riconosci il limite della nostra bellissima scienza e tu, amico generico, quello della tua materia umanistica; facciamocene una ragione e calmiamoci tutti, anche se ci sembra proprio di avere in mano carte bellissime, veri e propri “carichi”.
Chiudiamoci in casa e attendiamo, che la briscola non è a prosciutto, galassie o mutui. Dobbiamo giocare subito una carta, e la briscola è a virus.
SZ