INGREDIENTI: astronomia, scienza, fantascienza, narrativa e saggistica scientifica, fumetto, illustrazione scientifica, jazz, musica classica. RICETTA: porre in acqua di mare, durante l'ebollizione aggiungere armonica cromatica, cosmologia, fisica, scienza & arte, sociologia e politiche della scienza + altri ingredienti a piacere. Mescolare più volte in modo da omogeneizzare il tutto e servire in desktop
Si diceva così anche della pubblicità, quindi non siamo scienziati ma “produttori”. Del resto, quando si parla di valutazione della ricerca, es. ANVUR, siamo invitati ad allegare i nostri “prodotti” (Latte su Astronomy & Astrophysics, Calzature su Astrophysical Journal, etc.).
A parte la facile ironia, se ci si intende sul significato delle parole, va bene anche usare la parola “prodotti” per un articolo scientifico (anche se ritengo che la scelta dei termini non sia secondaria). Secondo me però non si può trattare un lavoro scientifico alla stessa stregua di un qualunque prodotto e utilizzare in maniera acritica criteri di valutazione che possono andare bene (fino a un certo punto) per cose come trasmissioni televisive. L’impact factor e l’H index, che viene utilizzato per valutare la produttività scientifica di un ricercatore (che tanto ricordano un indice di ascolto o di gradimento), saranno pure strumenti efficaci, ma hanno tantissimi limiti (uno solo dei quali evidenziato dalla vignetta) e non possono essere utilizzati come unico asettico criterio.
Ciao! Sono perfettamente d’accordo con te. Con l’H index mi sembra più che altro che si dia una misura di quanto 1) una persona sia importante, 2) ha saputo giocare bene le sue carte, 3) ha costruito la sua rete di contatti, 3) la sua firma valga sul mercato. Forse alle volte riesce a misurare anche quanto vale il lavoro di un ricercatore, quanto valgono le sue idee, ma mi sembra un risultato addirittura improbabile.
L’H index uò essere di sicuro interessante come criterio di valutazione di tanti aspetti di tipo sociologico, in particolare mi sembra validissimo per associare un numero alla “quantità di comunicazione” che si genera attorno a un nome o a un topic, ma non credo proprio che funzioni come valutazione univoca della qualità di un articolo.
Le idee scientifiche, vere, presunte, nuove o presunte vere e nuove che siano, così facendo assumono lo stesso valore dell’acquisto di “mi piace” fittizi in facebook. Oggi poi, al convegno Pubblica, Twitta, Blogga organizzato all’Osservatorio di Padova, ho scoperto che in Cina sembra esservi un mercato di ineccepibili articoli scientifici su una quantità enorme di argomenti che non attendono altro se non il nome o i nomi degli autori… Tremendo, vero?
Ciao! Benvenuto anche a te, caro Antonino!
Sono contento: anche gli astrofisici come te, Antonio Frasca, Tiziana Trombetti e Simona Righini stanno iniziando a frequentare questo spazio virtuale di discussione.
Come dicevo, la storia cui faccio riferimento è stata raccontata da un relatore a un recente convegno e non ho prove e riferimenti precisi per sostenerla, ma credo meritasse di essere riportarta qui.
Non so perché, ma mi sembra verisimile. 😉
Spero di leggerti ancora!
A presto
Si diceva così anche della pubblicità, quindi non siamo scienziati ma “produttori”. Del resto, quando si parla di valutazione della ricerca, es. ANVUR, siamo invitati ad allegare i nostri “prodotti” (Latte su Astronomy & Astrophysics, Calzature su Astrophysical Journal, etc.).
A parte la facile ironia, se ci si intende sul significato delle parole, va bene anche usare la parola “prodotti” per un articolo scientifico (anche se ritengo che la scelta dei termini non sia secondaria). Secondo me però non si può trattare un lavoro scientifico alla stessa stregua di un qualunque prodotto e utilizzare in maniera acritica criteri di valutazione che possono andare bene (fino a un certo punto) per cose come trasmissioni televisive. L’impact factor e l’H index, che viene utilizzato per valutare la produttività scientifica di un ricercatore (che tanto ricordano un indice di ascolto o di gradimento), saranno pure strumenti efficaci, ma hanno tantissimi limiti (uno solo dei quali evidenziato dalla vignetta) e non possono essere utilizzati come unico asettico criterio.
Ciao! Sono perfettamente d’accordo con te. Con l’H index mi sembra più che altro che si dia una misura di quanto 1) una persona sia importante, 2) ha saputo giocare bene le sue carte, 3) ha costruito la sua rete di contatti, 3) la sua firma valga sul mercato. Forse alle volte riesce a misurare anche quanto vale il lavoro di un ricercatore, quanto valgono le sue idee, ma mi sembra un risultato addirittura improbabile.
L’H index uò essere di sicuro interessante come criterio di valutazione di tanti aspetti di tipo sociologico, in particolare mi sembra validissimo per associare un numero alla “quantità di comunicazione” che si genera attorno a un nome o a un topic, ma non credo proprio che funzioni come valutazione univoca della qualità di un articolo.
Le idee scientifiche, vere, presunte, nuove o presunte vere e nuove che siano, così facendo assumono lo stesso valore dell’acquisto di “mi piace” fittizi in facebook. Oggi poi, al convegno Pubblica, Twitta, Blogga organizzato all’Osservatorio di Padova, ho scoperto che in Cina sembra esservi un mercato di ineccepibili articoli scientifici su una quantità enorme di argomenti che non attendono altro se non il nome o i nomi degli autori… Tremendo, vero?
DImenticavo: benvenuto! 🙂
Tremendo, si !!!
Mi e’ piaciuta molto la storia della Cina 🙂
Io sapevo del mercato delle tesi di dottorato 🙂
Per quanto riguarda l’indice h mi riservo di scrivere nella “prossima puntata” 🙂
Vorrei solo dire che quell’indice misura solo il basso livello degli “scienziati” moderni
Ciao! Benvenuto anche a te, caro Antonino!
Sono contento: anche gli astrofisici come te, Antonio Frasca, Tiziana Trombetti e Simona Righini stanno iniziando a frequentare questo spazio virtuale di discussione.
Come dicevo, la storia cui faccio riferimento è stata raccontata da un relatore a un recente convegno e non ho prove e riferimenti precisi per sostenerla, ma credo meritasse di essere riportarta qui.
Non so perché, ma mi sembra verisimile. 😉
Spero di leggerti ancora!
A presto
ciao:)